Da www.cdt.ch
La reazione del Governo ticinese ai provvedimenti su scala nazionale annunciati oggi a Berna – De Rosa: «Siamo già all’opera per i test rapidi»
Il Consiglio federale ha adottato oggi nuove misure per limitare la diffusione del coronavirus. Tra queste figurano la chiusura di bar, ristoranti e discoteche dalle 23 alle 6; divieto di manifestazioni con più di 50 persone e di attività sportive e culturali nel tempo libero con più di 15 persone; l’obbligo della mascherina ulteriormente esteso; scuole universitarie a distanza; nuove disposizioni sulla quarantena per chi viaggia e testi rapidi. Abbiamo chiesto al presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi e al direttore del Dipartimento della sanità e della socialità Raffaele De Rosa di commentare con noi questi nuovi provvedimenti che, in alcuni casi, in Ticino erano già in vigore.
Il Ticino ha anticipato Berna proponendo sue misure, ora in gran parte riprese dalla Confederazione; direttor Gobbi si aspettava più coraggio o le sembrano ancora adeguate di fronte alla situazione odierna?
«Le ritento adeguate e lasciano comunque la possibilità ai Cantoni maggiormente colpiti di stringere ulteriormente. Da un lato è stata data una risposta alle aspettative cantonali, se penso ad esempio all’orario di chiusura degli esercizi pubblici portato dalle 22 ad almeno le 23. Dall’altra parte se penso ai grandi eventi si è andati oltre vanificando un po’ tutti gli sforzi fatti dagli organizzatori e dai club, dal mondo culturale e sportivo che comunque hanno messo in piedi e applicato dei Piani di protezione molto stretti e rispettandoli così come li hanno rispettati gli spettatori. Quindi è un peccato che questi eventi non potranno più tenersi nella forma che abbiamo conosciuto in queste ultime settimane».
Anche se va pur detto che sono comunque dei grossi assembramenti di persone…
«L’obiettivo in generale delle misure odierne di Berna è infatti quello di limitare in generale il movimento della popolazione, e i grandi eventi comunque mobilitano e fanno muovere tanta gente. Qui è dunque il richiamo all’attenzione e alla prudenza da parte di tutti proprio perché in ogni occasione, se non facciamo la scelta giusta e se non ci comportiamo correttamente mettiamo a rischio la nostra salute e anche quella degli altri, se siamo portatori ad esempio asintomatici».
Dal suo punto di vista, Berna ha invaso le competenze cantonali o effettivamente serviva una maggiore uniformità?
«È stata molto stretta senza però passare ad uno stato di situazione straordinaria, cosa che avrebbe rafforzato il ruolo della Confederazione. Ha voluto regolamentare molto, andando anche in parte sui piedi dei Cantoni, ma è anche vero che la Conferenza dei direttori cantonali della sanità pubblica ha sostanzialmente accolto le proposte fatte da Berna, e quindi i direttori cantonali hanno comunque accolto le proposte della Confederazione».
I club, dopo aver sostenuto ingenti spese nell’ambito dei protocolli e dei piani di protezione per il pubblico, si vedono bloccati dalle quarantene e senza pubblico; come legge le loro “lamentele”?
«Da un lato sono lamentele giustificate perché come detto hanno fatto degli sforzi rispondendo a tutte le richieste dell’autorità federale, penso in particolare ai posti tutti seduti, limitando le capacità, applicando dei Piani di protezione e modificando le abitudini dei tifosi, ma si arriva comunque purtroppo a una chiusura del settore, con lo svolgimento delle manifestazioni senza più pubblico. Questo evidentemente crea un danno economico e dovrà trovare una risposta da parte dell’autorità federale».
I club puntano all’aiuto a fondo perso, accogliendo freddamente gli annunciati prestiti della Confederazione; la SFL ad esempio punta ad un coinvolgimento di Città e Cantoni ritenendo i club “patrimoni culturali”. Cosa può fare oggi il Cantone? E lo stesso può valere nell’ambito della cultura?
«Qui dipenderà da quanto vorrà mettere in campo la Confederazione: ritengo che se la Confederazione ha deciso di limitare il numero di spettatori a 50, beh, è la Confederazione che ha deciso: di solito chi comanda paga, hanno comandato loro questa misura, pagano loro».
Direttore De Rosa, il mondo della sanità si può dire soddisfatto delle misure prese da Berna alla luce del fatto che la Svizzera è l’hotspot europeo del coronavirus?
«Le misure presentate oggi sono salutate positivamente dal Cantone e rispecchiano in gran parte quelle poste in consultazione nel weekend a cui il Cantone aveva risposto; su diverse misure il Consiglio di Stato si era chinato nel weekend in vista della seduta straordinaria di lunedì, e aveva anticipato queste decisioni proprio perché ogni giorno conta e la progressione della malattia è esponenziale e quindi è importantissimo non perdere tempo e intervenire immediatamente con misure adeguate per fare tutto il possibile per rallentare l’evoluzione dei contagi. In questo senso diverse misure sono perfettamente in linea con decisioni già prese dal Consiglio di Stato mentre per altre avevamo deciso Berna ritenendo che sia importante avere una soluzione coerente a livello nazionale».
I Cantoni hanno ancora margini di manovra. Il Ticino alla luce degli ultimi numeri intende andare oltre le misure decise da Berna?
«Nella situazione particolare è importante coordinarsi bene tra i due livelli istituzionali, quindi Confederazione e Cantone, e anche tra i Cantoni stessi. È importante sapere che in questa situazione i Cantoni possono essere più restrittivi ma non meno restrittivi rispetto alle decisioni del Governo federale. Ma questa flessibilità è importante perché la pandemia si trova a livelli diversi nei vari Cantoni e quelli più colpiti possono così agire con misure più restrittive. Per quanto ci riguarda, continueremo a valutare costantemente e quotidianamente la situazione e poi sulla base dell’evoluzione valuteremo se ci sarà la necessità di introdurre ulteriori provvedimenti per rallentare il ritmo dei contagi».
Test rapidi: quando arrivano e quando saranno a disposizione? Chi gestisce tutta la catena ticinese?
«Salutiamo positivamente la possibilità di sfruttare anche i test rapidi all’interno della strategia molto importante e che va mantenuta, formata da testing, tracing, isolating e quarantine (TTIQ). È importante però anche sapere che ci sono delle raccomandazioni molto stringenti da parte dell’autorità federale e quindi questi test rapidi non saranno per tutti. In questo senso la cellula sanitaria capitanata dal medico cantonale già questa sera sarà al lavoro per integrare al meglio questa opportunità data dai test rapidi all’interno della strategia di test. È difficile esprimersi in termini temporali, cercheremo di fare il più rapidamente possibile, ritenendo anche che i test rapidi partiranno a inizio novembre».