Articolo pubblicato nell’edizione di lunedì 10 agosto 2020 del Corriere del Ticino
Espulsioni obbligatorie, il Ticino è sotto la media nazionale.
Lo scorso anno in Svizzera quelle previste dal Codice penale sono state pronunciate nel 57,5% dei casi.
A Sud delle Alpi questo avviene in poco più della metà delle condanne inflitte a stranieri – Ma le cifre non convincono i procuratori.
Sono passati poco più di tre anni e mezzo dall’attuazione delle nuove disposizioni del Codice penale sull’espulsione obbligatoria dei delinquenti stranieri – regolata dall’art. 66a del Codice penale –, entrate in vigore dopo l’accettazione nel 2010 da parte di popolo e cantoni di un’iniziativa dell’UDC. Ebbene, dai dati dello scorso anno pubblicati dall’Ufficio federale di statistica (UST) emerge che il Ticino si colloca al di sotto della media nazionale.
Friburgo e Vaud i più severi
Lo scorso anno, su un totale di 185 condanne per reati che comportano un’espulsione obbligatoria (ovvero quelli elencati nel catalogo di reati dell’art. 66a del Codice penale svizzero), quest’ultima è stata pronunciata nel nostro cantone in 99 casi, pari a una percentuale del 53,5%. Percentuale che, come detto, è leggermente inferiore alla media nazionale. Nel 2019, su un totale di 2.883 condanne per questo tipo di reati l’espulsione obbligatoria è stata pronunciata in 1.658 casi (57,5%). I più «severi» sono stati i Cantoni di Friburgo, Vaud, Berna e Zurigo, tutti con una casistica che supera le 100 condanne all’anno. Nel 2019, la giustizia friburghese ha infatti pronunciato 384 espulsioni giudiziarie su un totale di 482 condanne (79,7%). Un altro cantone di frontiera, Vaud, conta invece 278 espulsioni su un totale di 468 condanne (59,4%), una percentuale analoga a quella di Berna, che in 144 casi su 241 condanne ha optato per un’espulsione obbligatoria (59,75%). Egualmente severi sono stati i giudici sangallesi, con 66 espulsioni penali su 90 condanne (73,3%), e quelli argoviesi, che hanno disposto 61 espulsioni su un totale di 99 condanne (61,6%). A Ginevra, invece, la giustizia è stata più «clemente», con 41 espulsioni su 110 condanne (37,2%), al pari di quella zurighese (249 espulsioni su 547 condanne, 45,5%) e neocastellana (35 su 154, 22,2%). Spostando lo sguardo sui nostri vicini, spiccano le zero condanne nel canton Uri, un dato identico a quelli del 2017 e del 2018. Nei Grigioni, invece, le espulsioni giudiziarie sono state ben 23 su 28 casi (82,4%).
Cartellino rosso per i reati gravi
La statistica federale evidenzia inoltre come nessuna espulsione giudiziaria sia stata pronunciata tramite decreto d’accusa. Va infatti ricordato che sono solo i giudici e non i procuratori pubblici a doversi pronunciare sull’espulsione dello straniero che ha commesso i reati elencati nella norma. In base alle raccomandazioni emanate il 7 settembre 2016 dal Comitato della Conferenza dei procuratori della Svizzera, i magistrati possono emanare un decreto d’accusa senza espulsione nei casi di rigore invece di rinviare a giudizio l’imputato se, cumulativamente, quest’ultimo è titolare di un permesso B o C, non è recidivo e se il reato comporta una pena inferiore a 6 mesi (o a 180 aliquote giornaliere). Il tema era stato affrontato lo scorso anno dall’allora consigliere agli Stati Philipp Müller (PLR), il quale aveva presentato una mozione, poi accolta dai due rami del Parlamento, in cui si chiedeva che non fosse più possibile rinunciare all’espulsione di uno straniero criminale ricorrendo a un decreto d’accusa. In un’intervista al «Blick» di due settimane fa, l’ex «senatore» argoviese ha criticato giudici e Consiglio federale, rei a suo dire di non essere abbastanza severi nell’applicazione dell’iniziativa popolare . A suo dire, la rinuncia all’espulsione dovrebbe invece avvenire soltanto in casi eccezionali. Nel suo j’accuse rivolto all’Esecutivo dalle colonne del quotidiano zurighese, Müller chiede di applicare infine la sua mozione e ai giudici di non ricorrere allo strumento del decreto d’accusa «con troppa facilità» invocando la clausola del «caso di rigore». Va però ricordato che in base ai dati dell’UST emerge che in caso di un reato grave (come per esempio l’omicidio o la violenza carnale) l’espulsione è quasi ottanta volte superiore a quello di reati come l’ottenimento illecito dell’aiuto sociale) . Considerato che la maggior parte delle condanne è riferita a reati meno gravi, ecco spiegato la percentuale di non espulsioni superiore al 40%.
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La reazione di Norman Gobbi
Il Ticino è uno dei Cantoni con almeno cento condanne per le quali è prevista l’espulsione obbligatoria. Qual è la sua lettura?
«Rammento che le espulsioni penali sono decise dalle Autorità giudiziarie penali cantonali, in applicazione delle normative federali volute dal Popolo che dispongono chiaramente i casi per i quali è prevista l’espulsione. Il dato del Canton Ticino va quindi contestualizzato con le peculiarità di un Cantone di frontiera che presenta un alto tasso di autori di reati di provenienza straniera. In questi quasi due anni dall’entrata in vigore della nuova norma non siamo ancora in grado di trarre dei bilanci sulla sua efficacia. Notiamo tuttavia che l’espulsione penale favorisce nei detenuti stranieri la presa di coscienza dell’impossibilità di risiedere sul nostro territorio una volta scontata la pena, accelerando così il processo di reinserimento nel loro Paese d’origine lontano dalla Svizzera. La percentuale sull’espulsione che riguarda il Canton Ticino – inferiore alla media nazionale – è influenzata dal fatto che abbiamo infrazioni minori commesse da persone senza residenza. Si tratta di stranieri condannati con decisione del Ministero pubblico, che non può pronunciare l’espulsione penale (prerogativa esclusiva di un giudice). In termini di politica sanzionatorio il Ticino è comunque un Cantone efficace ed efficiente».