Intervista all’interno dell’edizione di lunedì 20 gennaio 2020 del Corriere del Ticino
Uno dei temi centrali, quando si parla di World economic forum, è quello della sicurezza. A garantirla saranno la Polizia cantonale grigionese e i suoi partner, compresa quindi la Polizia ticinese, anche quest’anno presente a Davos. Una presenza che si rinnova.
Anche quest’anno la Polizia ticinese sarà attiva al WEF di Davos. Si può parlare di collaborazione storica?
«Si può parlare certamente di una presenza molto importante delle polizie cantonali a sostegno del Cantone dei Grigioni che ne ha chiesto l’appoggio. Le competenze acquisite dagli agenti della Polizia cantonale ticinese (anche grazie all’esperienza maturata proprio a Davos) sono riconosciute a livello nazionale e quindi costantemente ricercate per questo tipo di impiego».
Il dispositivo di sicurezza comprensibilmente non permette di rivelare indiscrezioni. Ma si può dire in cosa saranno principalmente impiegati i ticinesi?
«Lo ha già detto lei: per questioni tattiche non si può svelare ciò che andranno a fare gli agenti ticinesi. Per il tipo di incontri, per la notorietà dei personaggi internazionali che vi partecipano e per i temi trattati, nonché per l’attenzione mediatica che il WEF genera, la sicurezza è al primo posto delle preoccupazioni. Di sicuro chi dovrà vigilare sull’evento e i suoi frequentatori non starà con le mani in mano».
Il suo Dipartimento e la conferenza dei direttori di polizia che ruolo giocano in vista del WEF?
«Il nostro sistema federalista trova risposte adeguate anche di fronte a questo genere di impegni. Per questo la Conferenza delle direttrici e dei direttori di giustizia e polizia è coinvolta nel processo decisionale, attraverso un gruppo ristretto di consiglieri di Stato (di cui faccio parte) che decide sugli impieghi intercantonali come il WEF o le conferenze internazionali che si tengono regolarmente in Svizzera, avallando poi il numero di agenti impiegati e decidendone anche la provenienza dai diversi corpi o concordati regionali di polizia. Le discussioni non mancano, anzi».
Il Forum economico è spesso anche l’occasione per manifestanti e contrari di mostrare l’altra faccia del WEF. Come valuta questa espressione del dissenso?
«Se guardiamo bene, l’altra faccia del WEF negli ultimi anni si mostra all’interno dello stesso WEF. Per questo invito a non fermarsi su pregiudizi stereotipati, ma a guardare tutti i contenuti del simposio. Non è un caso che anche gli oppositori hanno meno possibilità di esprimere il dissenso in loco e lo fanno nelle città, dove pure le polizie cantonali e cittadine vengono impiegate. Comunque: viviamo per fortuna in una nazione democratica e il dissenso, se espresso in forme civili, è linfa del confronto democratico».
Lei andrà a Davos nei prossimi giorni?
«No, quest’anno l’agenda non me lo permette».
Il Ticino istituzionale in che misura sarà presente nella località grigionese?
«Non sono a conoscenza di nostre presenze. Lo scorso anno eravamo presenti con il collega Vitta e alcuni parlamentari federali agli eventi organizzati dal Politecnico federale di Zurigo».
Tornando a chi dice no. Matteo Pronzini lamenta il fatto che a Davos il Ticino «spreca soldi inutilmente, vi sono altre priorità». Come replica al deputato dell’MPS?
«Ci sono sempre altre priorità. E spesso (ma non sempre) quelle di Pronzini non sono le mie».