Intervista pubblicata nell’edizione di lunedì 11 novembre 2019 del Corriere del Ticino
Uno dei temi della campagna elettorale nel Locarnese, rilanciato di recente dal sindaco della Città Alain Scherrer, dovrà giocoforza essere quello delle aggregazioni. La regione è infatti il fanalino di coda del cantone. Ecco cosa dice il direttore del Dipartimento delle istituzioni, Norman Gobbi.
Il Locarnese continua costantemente a perdere terreno rispetto al resto del cantone. Si dice sempre che le fusioni devono partire dal basso, ma qui si è sempre fermi…
«Con il Piano cantonale delle aggregazioni (PCA) il Cantone ha specificato una visione strategica del Ticino nella sua definizione istituzionale, tenendo conto delle opportunità di sviluppo socio-economico delle varie regioni. Il PCA non vuole e non deve essere visto come un’imposizione dall’alto, nella convinzione che i frutti di un’aggregazione possono essere colti solo se vi è la massima condivisione attorno a un progetto (Willens Gemeinde). Ma soprattutto mi preme sottolineare che il PCA vuole essere uno strumento dinamico. La fotografia contenuta in questo Piano corrisponde al ruolo di Comune economico e di servizio precisato a fine anni Novanta, dove criteri quali il recupero di capacità decisionali, rispetto ai compiti sovra comunali, e di forza finanziaria, volta a sostenerne la progettualità, erano gli elementi costitutivi. Negli ultimi anni, però, si è sviluppato un ampio dibattito sul ruolo attuale del Comune, sempre più visto come garante della qualità di vita residenziale. E qui penso in particolare al risultato emerso dal sondaggio commissionato dalla Sezione enti locali alla fine del 2018, dove la grande maggioranza delle persone interrogate ha individuato proprio nella qualità di vita residenziale il motivo principale per il quale scegliere un comune in cui abitare».
Tra le criticità, che hanno ostacolato lo sviluppo della discussione, l’opposizione a una fusione soprattutto con la città di alcune delle località (Muralto, Minusio e Ascona). Si tratta di ostacoli insormontabili?
«Il timore principale avvertito dalle autorità comunali del Locarnese nel corso della consultazione sul PCA è stato quello di pensare che il Cantone potesse arrivare a imporre le aggregazioni. Le risposte sono state sostanzialmente negative. Ma i Comuni spesso non si sono spinti – purtroppo – al di là del rifiuto. Se il Piano cantonale non è condiviso – e posso comprendere benissimo che dal loro punto di vista non lo sia – mi aspetto che i Comuni stessi arrivino ad avanzare proposte concrete. In questo senso perché non pensare, se tutti i Comuni fossero interessati, di definire in maniera partecipativa con il Cantone nuovi confini comunali? Mi piacerebbe che questo messaggio potesse essere colto, consapevole delle difficoltà e del rischio di sovrapposizioni di molte proposte tra loro. Così facendo ci si potrebbe confrontare apertamente per giungere a risultati diversi da quelli previsti dal Piano cantonale, maggiormente aderenti alle volontà locali».
Dunque l’ipotesi del Comune «Lago», con Ascona, Ronco e Brissago, è ancora ipotizzabile?
«A mio parere lo è. E lo dico proprio alla luce della dinamicità che va attribuita al Piano cantonale delle aggregazioni e alla nuova concezione del ruolo del Comune. Ascona, Ronco e Brissago sono tutti improntati principalmente al turismo. Avremmo una comunità che condivide la stessa vocazione e salveremmo delle vere e proprie perle del nostro territorio, garantendo quella qualità di vita residenziale che i cittadini sembrano privilegiare. Grandi vantaggi con alcune controindicazioni, come la difficoltà di recuperare la piena autonomia decisionale su alcuni compiti svolti in collaborazione con altri comuni del Locarnese».
Nelle ultime ipotesi non è mai stata ben chiara la collocazione di Terre di Pedemonte. Vi sono oggi i presupposti per prevederne l’aggregazione con realtà contigue? In tal caso si guarda verso l’agglomerato o verso la Vallemaggia?
«Il PCA definisce le Terre di Pedemonte come un territorio a sé stante. Il Comune, territorialmente e funzionalmente, si caratterizza come snodo delle valli Onsernone e Centovalli, di cui può rappresentare un punto di riferimento con tratti distintivi rispetto all’area urbana. Per questo ritengo che debba continuare a consolidarsi nella forma in cui oggi lo conosciamo. Più in generale ci si può chiedere perché vanno ridefiniti i confini dei Comuni ticinesi. Uno dei criteri principali, se non il primo in assoluto come si è visto dal sondaggio appena citato, è quello di assicurare ai cittadini un’alta qualità di vita residenziale. Se il Comune è responsabile di questo importante fattore allora si può concludere che la sua dimensione non può andare all’infinito, le aggregazioni non essendo fini a se stesse. Senza dimenticare poi tutto il discorso legato alla prossimità, ossia alla capacità delle autorità locali di leggere le aspettative dei cittadini e giungere a risposte puntuali, con efficacia ed efficienza».