A proposito di assenze per malattia e infortunio nel Dipartimento delle istituzioni
“Mi è capitato di leggere su un domenicale che non è il Mattino un titolo roboante e preoccupante, se fosse vero: “Il pubblico impiego chiuso per malattia”. Letto il testo, ho capito che non c’era proprio nulla di cui preoccuparsi, come d’altronde già ben sapevo. L’amministrazione cantonale, sotto questo profilo, gode di buona salute…”, ci dice il consigliere di Stato Norman Gobbi.
Il tema delle giornate di lavoro perse a causa di malattia o infortunio (sia esso professionale o non professionale) è però tra quelli che interessano molto l’opinione pubblica. “E giustamente – osserva Gobbi – perché il cittadino con le sue imposte paga per una pletora di servizi che vuole ricevere al meglio delle possibilità, ossia in modo puntuale (cioè celere) e con la qualità che lo standard elvetico impone. E anche perché spesso nell’ambito pubblico è innegabile che ci si ammali più frequentemente e c’è anche chi ne approfitta…
In questo senso, come Dipartimento delle istituzioni, abbiamo preso di petto la questione, attivando misure interne, in modo da ridurre effettivamente le assenze a differenza del resto AC. Tenendo comunque conto che – purtroppo – ci sono anche casi di lunga assenza per mali incurabili.”. E com’è allora la situazione? “Il Governo si era chinato sul tema già nel primo decennio di questo secolo. In particolare nel 2007 ha messo in atto una riorganizzazione dell’intero sistema di gestione delle assenze e ha creato il Servizio medico del personale che si occupa di analizzare i certificati medici per ogni assenza. Lo scopo non è solo quello di avere un controllo, necessario, ma pure di favorire il recupero del collaboratore ammalato o infortunato. Il sistema ci permette di avere anche dei dati statistici importanti, anche se le statistiche vanno pure lette a dovere”. In che senso? “Per esempio nell’articolo che ricordavo poc’anzi, dalle prime righe sembrava che nel Dipartimento delle istituzioni vi fosse il maggior tasso di assenze dell’amministrazione dovute a malattia o infortunio.
È vero invece il contrario e questo nonostante all’interno del DI vi siano professioni che mettono il lavoratore molto sotto pressione, come può essere il caso della Polizia cantonale. Il fatto è che il mio Dipartimento è il più numeroso per numero di funzionari, per cui non si deve prendere il dato complessivo delle giornate d’assenza sull’arco di un anno, ma calcolare quanti giorni d’assenza risultano per collaboratore. E qui allora possiamo osservare come i collaboratori del Dipartimento delle istituzioni mediamente – grazie alle misure introdotte – sono meno assenti per malattia o infortunio rispetto alla media generale dei dipendenti dell’Amministrazione cantonale”.
È un segnale incoraggiante per lei… “Devo dire che in termini generali sono soddisfatto, anche se come in tutti i campi si potrebbe fare meglio. Tra l’altro mi rallegra la situazione all’interno del Corpo della Polizia cantonale: sappiamo che il lavoro dell’agente (di polizia ma pure degli agenti di custodia delle strutture carcerarie) è soggetto a forte stress, oltre che a pericoli oggettivi. Ebbene, i dati ci mostrano che i poliziotti si ammalano meno dei loro colleghi attivi in altri rami dell’amministrazione. Il men che si può dire è che sono di buona costituzione fisica… Ma più in generale, ritengo che un fattore importante affinché il collaboratore presenti meno problemi di salute sia costituito dall’ambiente che si crea sul posto di lavoro. E qui allora risulta sempre più decisiva la scelta dei quadri superiori. Penso al comando per quanto attiene alla Polizia, ma pure alle direzione della Divisione della giustizia e a quella delle varie Sezioni, senza dimenticare per esempio la direzione delle Strutture carcerarie che dipende dalla stessa Divisione della giustizia.
Saper motivare il collaboratore, rispettandolo nel suo ruolo e fornendogli competenze specifiche e aggiornate è la strada da percorrere per arrivare a buoni risultati. E per tenere sempre ben aperte le porte al servizio dei cittadini”, conclude il consigliere di Stato Norman Gobbi.