Da laRegione | ‘La dichiarazione di fedeltà alle leggi è una scelta di vita’, avverte Gobbi dopo l’arresto di funzionari per il caso permessi
La dichiarazione di fedeltà alla Costituzione e alle leggi «è fondamentalmente una dichiarazione d’amore verso lo Stato: con essa si fa una scelta di vita». Che poggia sulla «fiducia» accordata dallo Stato ai tutori dell’ordine e sulla «lealtà» di questi ultimi nei confronti dello Stato e dunque «dei cittadini». Non sono state certo parole di circostanza quelle che Norman Gobbi, capo del Dipartimento istituzioni, ha pronunciato sabato a Castione davanti agli agenti diplomati alla Scuola di polizia (edizione 2016) del quinto circondario prima della loro dichiarazione di fedeltà, per l’appunto, a Costituzione e leggi. Una cerimonia tenutasi a neanche un mese dagli arresti, fra gli altri, di tre (di cui due ex) collaboratori dell’Ufficio cantonale della migrazione per il giro di permessi falsi in odor di corruzione. E dall’apertura di un procedimento penale per violazione del segreto a carico di una dipendente sempre della Migrazione e di un impiegato del Contact Center dell’Ufficio esecuzione. Brutte storie. Gobbi ha quindi ricordato il sanguinoso tentativo di evasione dal penitenziario della Stampa avvenuto il 3 ottobre 1992: protagonisti «alcuni detenuti che riuscirono a corrompere degli agenti di custodia». Venticinque anni dopo, ha aggiunto il ministro, «altri pubblici funzionari – e lo dico con ancora il groppo allo stomaco – hanno tradito la fiducia riposta in loro dallo Stato». Bisogna però guardare avanti: e allora «credo che i nostri nuovi agenti di polizia sapranno rispondere alle aspettative di questo cantone e dei suoi cittadini».
Quarantaquattro, stando alla nota diffusa dalla Cantonale, le divise uscite con successo dalla Scuola 2016: ventiquattro gendarmi (Polizia cantonale), sedici agenti comunali, due della Polizia dei trasporti e due della Polizia cantonale dei Grigioni. A loro, e in particolare agli agenti ticinesi, si è rivolto anche Matteo Cocchi. «Oggi, dichiarando fedeltà alla Costituzione e alle leggi, vi impegnate pure dal punto di vista etico e morale – ha sottolineato il comandante della Cantonale –. Vi impegnate a svolgere una professione che durante il periodo di formazione vi è costata sudore e sacrifici. Spero che sappiate ricambiare la fiducia dello Stato, che a voi delega il compito di garantire la sicurezza e il mantenimento dell’ordine pubblico legalmente costituito, con un comportamento irreprensibile, sia in servizio che nel tempo libero». Di qui il richiamo «a utilizzare con buon senso i ‘social’: prestate grande attenzione ai toni che usate e ai temi che affrontate, perché voi rappresentate sempre lo Stato». Questione sicurezza: «Anche per lo scorso anno le statistiche sulla criminalità in Ticino sono positive, indicano una diminuzione dei reati». Ma, ha avvertito Cocchi, «non dobbiamo abbassare la guardia».
Al Centro EventMore di Castione è intervenuto pure il direttore delle strutture carcerarie ticinesi Stefano Laffranchini. La cerimonia dell’altro ieri ha infatti interessato anche sette neodiplomati della Scuola agenti di custodia e tre del Servizio gestione detenuti. Le strutture detentive, ha evidenziato Laffranchini, «sono confrontate con una costante sovraoccupazione: stanno gestendo quasi novanta detenuti in più al giorno rispetto a soli cinque anni fa. Vi chiederò dunque di lavorare di più per un numero maggiore di detenuti». In questo contesto, ha continuato Laffranchini appellandosi al senso di responsabilità di chi opera professionalmente dietro le sbarre, «una distrazione, una disattenzione, magari dopo otto ore di lavoro a costante contatto con la popolazione carceraria, possono avere pesanti conseguenze». Il responsabile delle strutture carcerarie cantonali non lo ha detto ma lo ha lasciato intuire: servirebbero più agenti di custodia. In Gran Consiglio c’è chi però invoca ulteriori risparmi nell’Amministrazione…
(Articolo di Andrea Manna)