Dal Corriere del Ticino | Norman Gobbi soddisfatto per la riduzione dei giudici dei provvedimenti coercitivi – Raoul Ghisletta: «Vedremo in futuro»
Alla prova delle urne non c’erano solo i due temi legati alla socialità, ma pure la giustizia. Ed è rarissimo che in Ticino vi siano referendum che interessano l’apparato giudiziario. Alla prima prova, con un distacco piuttosto netto, si è imposto il Governo che ha visto il popolo avallare la misura di risparmio inserita nella manovra di risanamento delle finanze cantonali. Con il 53,7% di sì (51.156 voti) contro il 46,3% di no (44.146) i ticinesi hanno deciso che i giudici dei provvedimenti coercitivi non saranno più quattro, bensì tre. In ogni caso, come misura compensativa, verrà attribuito all’ufficio un’unità giuridica proveniente dall’Amministrazione cantonale che non intaccherà in alcun modo il risparmio previsto. Il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi esprime «soddisfazione, perché questa votazione era complicata e insidiosa. In sostanza nessuno aveva capito il senso di questo referendum». Intende dire che neppure i promotori sapevano il perché? «Esatto, neppure loro sapevano bene cosa stavano facendo. La mia impressione è che quando si sono trovati di fronte le misure previste nella manovra hanno voluto trovare un pretesto per inserire nei referendum anche un tema che toccasse il sottoscritto, senza considerare quale era la reale posta in gioco. L’ho sempre detto: se abbiamo deciso di restare con tre giudici anziché quattro è perché ormai da mesi si procedeva già così e l’esperienza ci ha dimostrato che le cose funzionavano. Altri hanno voluto mettere in atto una battaglia ideologica e ora sono stati serviti dal verdetto popolare». Dopo questa decisione si può dire che la giustizia non verrà più toccata da misure di risparmio? «L’ho sempre detto, quello di cui stiamo parlando l’ho sempre considerato il contributo della giustizia al risanamento, una decisione che ci permetterà di risparmiare 256.000 franchi». Sul tavolo ci sono molte riforme che interessano il settore, alcune proposte puntuali arriveranno nei prossimi mesi, il lavoro per andare nella direzione di richieste puntuali anche del Ministero pubblico: «Io resto fiducioso e sono pronto ad impegnarmi, come sempre, per questo delicato settore». Si attende anche da parte del Parlamento un chiaro indirizzo per la questione della nomina dei magistrati? «Quello che noi proponiamo è chiaro, si tratta del sistema che funziona sul piano federale e che mantiene una sensibilità politica. Mi attendo che si decida e non si lasci trascorrere altro tempo infruttuso». E veniamo a chi la battaglia sul giudice dei provvedimenti coercitivi l’ha persa. Raoul Ghisletta, parlamentare del PS e sindacalista VPOD, esprime «rammarico, sono certo che, a lungo termine, la qualità della giustizia ne subirà delle conseguenze. Oggi c’è chi si dice soddisfatto, ma lo attendo nei prossimi anni. Allora gli ricorderemo questo momento di giubilo. Lo ripeto, ad uscire perdente oggi è la giustizia. Che vi sia chi esulta mi dà da pensare. Non dimentichiamo che il 46,3% dei votanti, ci ha dato ragione. Snobbare questo dato non mi pare molto responsabile. Dalle urne è giunto un chiaro segnale al Consiglio di Stato che, a nostro avviso, ha dimostrato di non considerare con sufficiente senso di responsabilità i problemi che concernono il nostro sistema giudiziario». Cosa intende dire? «Che non si entra come elefanti in una cristalleria, altrimenti i danni, prima o poi, sono garantiti». A suo avviso nella giustizia non c’è nulla da toccare, come d’altronde nella socialità? «La giustizia merita di più. La questione del quarto giudice è quanto di peggio si possa fare in un settore delicato: agire all’insegna dell’improvvisazione. Un pensionamento o una vacanza di un giudice non può essere il pretesto per tagliare un ramo essenziale di una pianta. Oggi è scontato, in Ticino avremo meno giustizia». Il presidente del PS Igor Righini reagisce così: «La votazione sul giudice a mio avviso era una questione marginale legata a una posizione in organico che noi abbiamo deciso di referendare, ma non era comunque un argomento legato a una battaglia di società come gli altri due referendum».