Dal Corriere del Ticino | Elezione dei procuratori con meno competenze per il Parlamento: dubbi e perplessità in Commissione Norman Gobbi: «Una revisione del sistema è necessaria, ma non mancherà di suscitare forti resistenze»
Il funzionamento del Ministero pubblico e il rapporto tra giustizia e politica si trovano a un bivio: mantenere l’attuale sistema di nomina dei magistrati o cambiare rotta? Una domanda che dovrà trovare risposta in tempi brevi e che ieri è stata al centro dei lavori della Commissione procedura elezione magistrati che ha incontrato il direttore delle Istituzioni Norman Gobbi , chiamato a presentare il suo piano. Come anticipato a Piazza del Corriere martedì scorso, tra le ipotesi scaturite dal gruppo di lavoro Giustizia 2018 vi è infatti la possibilità che il Parlamento elegga unicamente il procuratore generale e i procuratori capi che poi, a loro volta, nominerebbero i procuratori pubblici. Una revisione che necessiterebbe però una modifica di legge poiché si toglierebbero competenze al Legislativo. «Occorre valutare come modificare il sistema. Oggi l’elezione di tutti i pubblici ministeri è affidata al Gran Consiglio – ci spiega Gobbi – ma questo comporta un appiattimento della scala dell’organizzazione gerarchica». Una procedura che per il consigliere di Stato pone «qualche problema dal punto di vista organizzativo e funzionale», ma che d’altra parte è ancorata nella tradizione del nostro cantone. «In Ticino la nomina dei procuratori è sempre avvenuta secondo questo iter e un eventuale cambio di rotta, a detta di alcuni, lederebbe la funzione del Ministero pubblico e degli inquirenti – evidenzia Gobbi – evidentemente un cambiamento così forte non mancherà di sollevare delle forti resistenze».
E proprio in tal senso, come hanno reagito i membri della Commissione di fronte alle proposte esposte dal Dipartimento delle istituzioni? «Sul tema ci sono ancora vari punti da chiarire – sostiene Andrea Giudici (PLR) – bisogna ad esempio capire quanti procuratori verrebbero eletti dal Gran Consiglio e anche se la rappresentanza politica resta solo un auspicio, se verrebbe introdotta nella legge o se addirittura verrebbe pubblicata nel bando di concorso. Insomma ci sono più varianti che vanno approfondite. Da parte nostra è assodato che l’aspetto politico non va inserito nel bando ma che, qualora i candidati presentassero delle capacità equivalenti, si abbia un’attenzione in tal senso». Ma non solo. Tra le ipotesi al vaglio della Commissione vi è altresì la possibilità che i magistrati, invece che dal Parlamento, vengano eletti dal popolo. Un’opzione che potrebbe figurare in un rapporto targato La Destra e la cui relatrice sarebbe Lara Filippini. «Sul tema dobbiamo ancora discuterne nei gruppi, ma in linea generale propendiamo per mantenere lo stato attuale, con l’elezione da parte del Gran Consiglio», afferma Fiorenzo Dadò (PPD). Discussioni in corso anche in casa leghista. Come precisa la deputata Sabrina Aldi se da una parte «la posizione della Lega è chiara perché molti esponenti si sono espressi più volte a favore di una nomina popolare», dall’altra il gruppo «non ha ancora sciolto le riserve».
Sul tavolo della commissione vi è poi il rapporto elaborato da Maurizio Agustoni (PPD) che prevede sì di mantenere la situazione attuale, ma apportando alcune piccole modifiche. Tra queste, la possibilità di introdurre una Commissione giudiziaria incaricata di preavvisare l’elezione dei magistrati e che potrebbe avvalersi di esperti per valutare l’idoneità dei candidati sotto un profilo di competenze giuridiche e organizzative. «Su quest’ipotesi stiamo cercando di capire se vi sia un consenso – aggiunge Agustoni – e quali compiti si vuole effettivamente dare a questa commissione». Infine, il capogruppo socialista Ivo Durisch rileva che «sulle competenze della nomina mi sembra ci sia una certa concordanza. Ora attendiamo di vedere in che direzione si vuole andare per quanto concerne la riorganizzazione giudiziaria. E lì probabilmente ci saranno degli aspetti più problematici».
(Articolo di Viola Martinelli)