Dal Corriere del Ticino | L’intervista
«Polizia ticinese» è il nome del gruppo di lavoro creato dal Governo e che dovrà presentare entro un anno nuove proposte organizzative e di collaborazione tra cantonale e comunali. A chi si chiederà «ancora un tavolo di riflessione» come replica?
Non si tratta tanto di riflettere, ma piuttosto di concretizzare. Vogliamo realizzare un progetto grazie a un gruppo di lavoro formato da funzionari pubblici, politici e rappresentanti delle forze dell’ordine. Tutte persone che conoscono a fondo la situazione del Cantone e che potranno così descrivere l’evoluzione futura della nostra polizia sulla base del passato e del presente. In questo modo sono sicuro che troveremo la miglior soluzione per il nostro territorio, che tenga soprattutto conto di quanto fin qui maturato con la collaborazione tra comunali e la cantonale. Il risultato finale del gruppo di lavoro sarà sottoposto alla conferenza consultiva sulla sicurezza e poi sarà messo in consultazione ai Comuni».
Cantonali e comunali: la quadratura del cerchio sembra un eterno dilemma. Come lo spiega?
«In questi anni, come responsabile della sicurezza ho avuto modo di confrontarmi con gli attori del settore: enti locali, cittadini, politici, rappresentanti delle forze dell’ordine per citarne alcuni. L’obiettivo che tutti hanno è sempre uno solo: garantire la sicurezza. A volte però ci si arrocca dentro i propri confini comunali, sfoderando campanilismi più o meno marcati che ci fanno perdere di vista la nostra missione, e ci fanno dimenticare che i fenomeni che creano insicurezza ahinoi non conoscono confini. Un primo passo è stato compiuto con la regionalizzazione delle polizie comunali, anche se ciò non basta. Bisogna sviluppare un progetto che consenta di garantire efficacemente la sicurezza ma con l’impiego efficiente delle risorse disponibili».
Cosa si attende entro la fine del 2017? Una pozione miracolosa?
«Mi attendo e mi impegnerò in prima persona per un progetto realistico e ben ponderato, che ci permetta di creare una Polizia ticinese pronta per le sfide di questo secolo».
Concretamente lei auspica possa tornare in auge la polizia unica?
«L’ho detto in occasione della discussione in Parlamento sulla mozione presentata dal deputato Giorgio Galusero che ha avuto luogo nell’estate del 2015. Voglio parlare espressamente di polizia ticinese e non di polizia unica. Una polizia di tutti i cittadini che
costruiremo insieme e che possa rispondere alle nuove sfide. Un progetto che dovrà soprattutto considerare il lavoro impostato in questi anni di attuazione della collaborazione tra la cantonale e le comunali, recependo quei cambiamenti indispensabili per garantire al massimo la sicurezza interna a dei costi sopportabili per
i cittadini».
Il cittadino chiede sicurezza. In che senso maggiore collaborazione significherebbe raggiungere l’obiettivo?
«I nostri agenti sul territorio sono il primo riferimento dei cittadini: la loro divisa è blu, indipendentemente dallo stemma portato sul braccio. Al cittadino non interessa se appartengano alla comunale o alla cantonale: l’importante è che rispondano ai bisogni concreti della popolazione e tutelino l’ordine pubblico e la sicurezza. Occorrerà rafforzare l’attuale impostazione orientandosi verso un maggior coordinamento delle forze dell’ordine sul territorio, con anche una chiara ripartizione delle competenze. In questo senso le polizie comunali inizieranno a utilizzare lo stesso programma per la gestione informatica. Un primo passo importante: cantonale, comunali e guardie di confine parleranno la stessa lingua informatica e questo permetterà di migliorare la comunicazione e, di riflesso, la collaborazione. Segno che, in fondo, l’idea di avere la polizia ticinese non è un’utopia. La vogliamo costruire con il dialogo, forti delle esperienze di tutti gli attori coinvolti e a una condizione sulla quale non arretrerò mai di un centimetro: una sicurezza sempre più efficace ed efficiente per tutti i ticinesi».