Dal Mattino della domenica | Dopo quasi due mesi dall’apertura del centro migranti di Rancate il ministro leghista traccia un primo bilancio
Il contesto al confine sud
Il caldo estivo ha lasciato spazio a temperature più miti e l’autunno inizia a colorare i nostri paesaggi. Mentre cadono le foglie dagli alberi si spengono le luci dei riflettori sulla questione dei flussi migratori. Uno dei temi – anzi il tema! – che ha scaldato e scandito le nostre giornate estive. Dovevamo reagire in tempi brevi a una situazione nuova, quella che abbiamo vissuto negli scorsi mesi e lo abbiamo fatto. I migranti o erano già registrati in Italia o non chiedevano asilo nel nostro Paese perché intenzionati a proseguire verso le città del Nord Europa. Per far fronte al nuovo fenomeno – che ha quindi segnato un calo delle richieste d’asilo registrate nei mesi estivi – abbiamo allestito una struttura temporanea a Rancate in grado di accogliere dignitosamente e adeguatamente queste persone. Queste persone che secondo la Legge in materia di stranieri e gli accordi internazionali se non vogliono chiedere asilo in Svizzera sono considerati degli illegali e quindi devono essere riammessi nel primo Stato europeo che li ha accolti, ovvero l’Italia. In questo senso, grazie anche ai contatti costanti con i nostri interlocutori dall’altra parte del confine, le autorità italiane hanno iniziato a fare la loro parte.
Quindi, come accadeva a fine agosto, a pochi giorni dall’apertura del centro, se non è possibile riammettere oltre confine i migranti in transito entro la mezzanotte, gli stessi vengono accompagnati a Rancate. Nel centro temporaneo ubicato nel Mendrisiotto i migranti continuano ad avere la possibilità di rifocillarsi e possono passare la notte al caldo con un tetto sulla testa. Il giorno dopo vengono riaccompagnati alla frontiera dalle Guardie di confine per essere riammessi nella vicina penisola.
Continuano gli arrivi
Un centro quello di Rancate che ha fatto discutere molto e non sono mancate le speculazioni mediatiche da parte di alcune correnti politiche. Tuttavia, la scelta del mio Dipartimento e del Consiglio di Stato si è rivelata azzeccata. Una scelta giusta ma soprattutto necessaria. Dalla sua inaugurazione, ovvero dal 28 agosto, a domenica scorsa sono state quasi 3’200 le persone che hanno soggiornato, anzi pernottato a Rancate con una media di 55 presenze a notte e con un picco di presenza straordinaria la notte del 18 settembre con quasi 150 arrivi.
Quando quest’estate con il condizionatore acceso e le camice a maniche corte ci siamo chinati sull’apertura del centro immaginavamo che, pensando all’annuale ciclo degli arrivi di migranti in Europa, verso fine settembre o inizio del mese di ottobre la struttura avrebbe iniziato a essere meno affollata.
Complici forse le temperature miti sulla tratta mediterranea, questo non è avvenuto. E gli arrivi restano costanti.
La sicurezza al primo posto
Attorno all’apertura del centro non sono mancati i timori dei residenti. Preoccupazioni più che legittime soprattutto perché la gestione dei migranti in altre parti del mondo ma anche in Paesi europei vicini alla nostra realtà come la Francia, la Germania o il Belgio, hanno avuto riscontri purtroppo anche violenti e criminali. Questo non è stato il nostro caso. Soprattutto perché abbiamo voluto affrontare la situazione alla ticinese con quell’ordine, quella serietà e quel pragmatismo “made in Switzerland” che ci contraddistinguono. Abbiamo ragionato su più fronti e parallelamente alla creazione del centro temporaneo abbiamo voluto mettere in campo tutte le misure collaterali per evitare l’insorgere di problemi di ordine pubblico.
In questo senso abbiamo previsto una serie di misure strutturali come la recinzione attorno allo stabile e abbiamo pure attuato alcune misure tecnologiche come la videosorveglianza interna.
I timori iniziali della popolazione si sono dissipati man mano. Proprio negli scorsi giorni mi trovavo a Riva San Vitale e un imprenditore della zona mi ha avvicinato dicendomi “Ottimo lavoro Norman, vediamo più pattuglie nel nostro Mendrisiotto e ci sentiamo più sicuri”. Infatti, in questo senso, è stata rafforzata la presenza delle forze dell’ordine sul territorio e questo è servito anche da effetto deterrente per i malviventi che intendevano agire nella regione.
Prospettive future
Il Ticino ancora una volta ha dimostrato al resto del Paese di essere in grado di farsi carico con successo di una problematica sì locale ma con un risvolto nazionale. Infatti, il problema dei flussi migratori ha toccato il nostro Cantone prima di tutto il resto del Paese. Si tratta di un problema di ampia portata, che concerne non solo la Svizzera ma tutto il continente europeo. Il nostro obiettivo, come Cantone, è stato quello di garantire l’ordine e la sicurezza non solo per noi ma per il resto del Paese controllando quindi l’immigrazione illegale grazie alla gestione ordinata e puntuale degli arrivi alla frontiera sud.
Proprio perché a trarre beneficio dal nostro operato non è solo il Ticino – ma tutta la Svizzera – ho portato nelle scorse settimane questo messaggio oltre Gottardo. A Berna ho perciò ricordato che avendo lavorato per tutto il Paese, rispettando lo spirito federalista che ci contraddistingue, ci aspettiamo che la Confederazione intervenga partecipando ai costi che abbiamo sostenuto. Stiamo aspettando una risposta da parte dell’Autorità federale. Non ho intenzione di mollare su questo fronte e sono pronto a tornare alla carica. Per la sicurezza ma anche per il benessere del nostro territorio, e di tutto il nostro Paese.
Norman Gobbi, Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento delle istituzioni