Da La Regione del 1. aprile 2016
Due falsi allarmi bomba hanno scosso ieri la città e provocato un ingente dispiegamento di forze: le segnalazioni hanno riguardato la chiesa di San Rocco e l’intersezione tra via delle Aie e via Ciani – Norman Gobbi: «In Ticino non c’è un pericolo accresciuto di attentati».
Una prima chiamata, poco dopo le 9.30, ha allertato la Polizia comunale di Lugano: «Pacco sospetto in chiesa». A un’ora e mezza di distanza, diverse auto della Polcom sfrecciano a sirene spiegate verso Molino Nuovo. È, in estrema sintesi, il racconto di quant’è successo ieri mattina a Lugano, quando la città è stata percorsa da un brivido a causa di due allarmi bomba, rivelatisi poi fortunatamente falsi. Il primo è giunto dalla chiesa di San Rocco in via Canova, che è stata prontamente evacuata e isolata. La seconda segnalazione, arrivata anch’essa da un cittadino, ha riguardato l’incrocio tra via delle Aie e via Ciani. Un tratto di circa trecento metri di quest’ultima è stato chiuso al traffico, per permettere di accerchiare in sicurezza l’oggetto sospetto: una valigia abbandonata.
In totale sono stati una trentina gli agenti schierati nelle due operazioni dal sapore hollywoodiano. Oltre alla Comunale, è stata coinvolta anche la Polizia cantonale e tre uomini dell’omologa zurighese. Questi ultimi hanno portato con sé un’apparecchiatura indispensabile per questo tipo di segnalazioni: un robot. Dall’inizio dell’anno è entrata infatti in vigore una convenzione a livello nazionale che ha creato tre centri (a Berna, Ginevra e Zurigo), per una riorganizzazione sì finanziaria, ma anche amministrativa e di competenze. E di sicurezza: fra le novità previste dal nuovo protocollo, l’impiego di robot nei casi di sospetti allarmi bomba, per garantire l’incolumità dell’artificiere a cui non è più consentito un contatto diretto con l’oggetto che desta sospetti. Poco dopo le 13.30, la valigia è stata neutralizzata con un gettito d’acqua, provocando un boato udito nel quartiere, e si è scoperto essere vuota. La borsa rinvenuta in chiesa invece non è stata fatta esplodere. Grazie a un radar è stato appurato che al suo interno non vi era esplosivo, ma effetti personali, e gli inquirenti stanno ora cercando di capire a chi appartengono.
Se da un lato Lugano ha tirato in poche ore un sospiro di sollievo, d’altro canto quanto accaduto ha inevitabilmente fatto tornare alla mente i recenti fatti di Bruxelles e sorgere degli interrogativi. «Non c’è in Ticino un accresciuto pericolo di attentati terroristici – rassicura Norman Gobbi –, ma la guardia non va abbassata». L’imponenza dell’intervento è quindi dovuta alla procedura, non a una reale minaccia. «Che serva però da lezione – ammonisce il capo del Dipartimento delle istituzioni –, bisogna rendere attenti i distratti e soprattutto i buontemponi che questo genere di operazioni rischiano di innescare una psicosi. E hanno un costo non indifferente».