Dal Corriere del Ticino del 4 maggio 2016
Sono decine i permessi negati a seguito della domanda sistematica dell’estratto introdotta da Norman Gobbi Il rapporto: «Persone con gravi precedenti penali e potenzialmente pericolose» – Il dossier oggi in Governo.
Dopo mesi di silenzio si torna a parlare del giro di vite sul casellario giudiziale voluto dal direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi. Oggi a Palazzo delle Orsoline il rapporto – consegnato in dicembre dallo stesso Gobbi ai colleghi – verrà verosimilmente discusso, ma difficilmente il Governo prenderà posizione in maniera netta. Intanto però ieri la questione è stata al centro di un’audizione a Berna con alcuni deputati ticinesi che sono stati ricevuti dalla Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati. E i ticinesi hanno in tal senso difeso la decisione presa lo scorso settembre dal Parlamento con la quale si chiede di rendere sistematica sul piano nazionale la richiesta dell’estratto. Ma la procedura introdotta 13 mesi or sono funziona o no? Ora siamo in grado di svelarvi i dati nudi e crudi, secretati per diverso tempo. Su 17.468 domande inoltrate in Ticino, 17.276 hanno portato al rilascio o al rinnovo di un permesso G (frontaliere) o B (dimorante). Una cifra complessiva che porta il Dipartimento ad affermare che «la misura non risulta essere troppo discriminante». Ma che ne è stato allora delle restanti 192 domande passate al setaccio? In 33 casi il rigetto è stato integrale, nella misura in cui le persone interessate non possedevano i requisiti minimi, oppure presentavano dei fattori negativi latenti. In altri 10 casi è stata pronunciata una proposta di ammonimento, 9 hanno invece spinto i richiedenti a rinunciare. Per contro le domande ancora all’esame sono 72. Venendo al dato saliente, si afferma che «in 33 casi si è potuto impedire il rilascio/rinnovo a persone con gravi precedenti penali e potenzialmente pericolose». Come noto la misura di Gobbi aveva condotto anche al lancio di una petizione, 12.192 le firme raccolte, mentre il Consiglio federale ha sempre fatto pressione al Ticino affinché la sospendesse con effetto immediato. Qualche mese fa c’è stato un ammorbidimento, con la soppressione della richiesta sui carichi pendenti. Tra Ticino e Berna non sono ad ogni modo mancate le tensioni, anche perché la Confederazione ha sempre considerato il giro di vite sul casellario come una pietra d’inciampo sulla via che porta alla conclusione degli accordi fiscali tra Svizzera e Italia. Ma Gobbi ha sempre replicato trattarsi «di una misura di sicurezza, non tesa a un protezionismo economico». La storia più recente, quando cioè il relativo dossier è passato dalle mani di Eveline Widmer Schlumpf a quelle del nuovo ministro delle finanze Ueli Maurer, dice per contro che Berna ha ipotizzato un indennizzo economico al Ticino in cambio di un ulteriore passo indietro. Nello specifico si parla di una compensazione dell’ordine di 20 milioni di franchi. Le trattative sono comunque proseguite in maniera piuttosto segreta tra le parti e al proposito non si è saputo più nulla. Detto questo, anche alla luce dei casi di presunti terroristi o simpatizzanti attivi dell’ISIS in Svizzera e in Ticino vien da chiedersi cosa accadrà ora. Il Governo Stato farà un passo indietro in questo momento delicato? Qualche risposta forse già oggi.
Tornando invece a Berna, ieri a difendere le due iniziative cantonali sostenute dal Gran Consiglio – e scaturite da una proposta di risoluzione alle Camere stilata nel 2008 dall’allora deputato leghista Lorenzo Quadri – sono stati Amanda Rückert (Lega) e Maurizio Agustoni (PPD), spalleggiati dal segretario generale del Dipartimento delle istituzioni Luca Filippini. «Abbiamo illustrato le ragioni alla base delle due iniziative approvate dal Parlamento e della misura introdotta dallo scorso aprile in Ticino» ha tagliato corto Rückert, da noi raggiunta al termine dell’audizione. «Abbiamo posto l’accento sulla questione del casellario – ha aggiunto -, molto sentita a sud delle Alpi per motivi di sicurezza ma potenzialmente interessante per altri Cantoni di frontiera. Naturalmente siamo consci che a Berna la questione sarà trattata con un respiro più federale, e alla luce delle molteplici dinamiche con l’Unione europea». Come rilevato da Agustoni, l’estensione del provvedimento – una procedura standard per i cittadini provenienti da Stati terzi – andrebbe dunque trattata nel quadro dell’applicazione del 9 febbraio. «In tal senso – ci ha spiegato Agustoni – i commissari hanno posto diverse domande, non sull’applicazione e i risultati della misura ma sulla sua possibile integrazione nell’ambito delle negoziazioni con Bruxelles». Per ora la Commissione delle istituzioni politiche ha sospeso l’esame delle iniziative, come ci conferma il consigliere agli Stati Fabio Abate (PLR): «Non vi era la maggioranza sufficiente per dar seguito alla proposta. In alternativa abbiamo però deciso di congelare il dossier per capire se da altri fronti, e penso all’applicazione dell’iniziativa sull’immigrazione di massa e al voto britannico sulla permanenza nell’UE, giungano elementi di rilievo. Resta da capire come la misura possa venire implementata, visto che in altri Cantoni di frontiera non si registrano gli stessi problemi del Ticino». Sui dati, invece, tutti si sono trincerati dietro un «no comment» rifacendosi al segreto.