Dal Mattino della domenica del 17 luglio 2016
A Nizza il terrorismo ha colpito ancora: ancora un musulmano, un caso?
La notizia ha iniziato a rimbalzare sul web nelle ultime ore del 14 luglio. Il giorno della sua festa nazionale, la Francia è stata ancora una volta – pochi mesi dopo dagli attentati di Parigi – scossa da un atto di terrorismo premeditato e brutalmente attuato. Una donna ticinese e un bimbo svizzero tra le vittime del terrorismo islamico.
Ancora una volta la tragedia è avvenuta in un momento in cui nessuno se lo aspettava. Una sera in cui tante persone si sono riunite sul lungomare di Nizza per ammirare i giochi pirotecnici. Serenamente, in modo spensierato. Come deve essere. Come succede anche da noi ogni 1. agosto.
“Ci vogliono privare delle nostre libertà”
Atti di questo genere sono violenti e lasciano senza parole. Sono imprevedibili e incalcolabili. E toccano laddove fa più male: una cittadina turistica, dove ha luogo la vita di tante famiglie, di tanti bambini in vacanza. Con lo zucchero filato in mano e lo sguardo puntato verso il cielo, sopra il mare per gustarsi lo spettacolo dei fuochi d’artificio. Scene di una qualsiasi vacanza, di una qualsiasi famiglia. Non sono esplose bombe questa volta come accaduto in passato. Come accaduto a Parigi, a Bruxelles. Come avvenne anche a Marrakesh.
È lì che è andata la mia mente venerdì mattina, quando seduto alla mia scrivania ho appreso che tra le vittime di questa strage premeditata ci fosse anche una donna ticinese. A 5 anni di distanza da quella tragedia il Ticino – ancora una volta – è stato confrontato con un dramma legato al terrorismo compiuto da islamici.
Pronti a lottare per la nostra libertà e la nostra sicurezza
Si tratta di episodi imprevedibili e incalcolabili. Qualcuno negli scorsi giorni, in una delle tante discussioni che si sono susseguite per commentare i fatti di Nizza, ha detto che non è possibile controllare tutto e tutti. “Ma allora Norman, come facciamo ad essere al sicuro alle nostre latitudini?” mi hanno chiesto alcuni cittadini preoccupati. Domanda lecita. Il rischio zero, purtroppo non esiste, nemmeno noi siamo esenti da attività terroristiche. Alle nostre latitudini però la minaccia si presenta sotto un’altra forma. E per difenderci, ci stiamo muovendo su più fronti.
Lo abbiamo dimostrato con l’arresto in Italia di un sospetto aderente all’ISIS che frequentava il nostro Cantone. Lo facciamo anche con le attività di intelligence e le collaborazioni con i servizi della Confederazione e dei Paesi attorno a noi. Ma tutto ciò non basta. La pena inflitta dal Tribunale penale federale a un “martire islamista” di questa settimana fa gridare vendetta al cielo a più di un cittadino svizzero. E a giusta ragione. 18 mesi con la condizionale sono infatti una pena ridicola, di un apparato che tollera i potenziali terroristi ma crocifigge gli automobilisti.
Rompere col politicamente corretto
Purtroppo in generale si fatica a chiamare quanto avvenuto con il proprio nome, per paura di urtare sensibilità. Il fatto che siano persone di fede musulmana radicalizzati non va negato o minimizzato, adducendo scuse poche credibili come nel caso di Nizza. La depressione causata da un matrimonio finito non può essere utilizzata come scusa che legittima una strage di questa portata. Il loro è il vero odio nei confronti della nostra cultura di Libertà. Come mi ha detto un amico l’altro giorno: il buonismo fa crescere il razzismo. Dobbiamo quindi fermare queste derive, con misure anche forti che limitino le libertà di taluni a favore della libertà e la sicurezza di tutti. Siamo nati in un mondo libero e dobbiamo batterci – e come Capo della sicurezza del nostro Cantone continuerò a farlo con impegno dedizione – affinché la nostra realtà, quella ticinese, rimanga libera e in sicurezza!
A tutte le persone colpite da questa tragedia, in particolare ai famigliari della nostra concittadina vittima di questo brutale gesto di odio, desidero esprimere il sostegno morale mio e di tutto il nostro Cantone in questa difficile situazione.