Da LaRegione del 20 giugno 2016, un articolo di Daniela Carugati
È tutta una finzione, ma l’esercizio ‘Odescalchi’ messo in campo da domenica nel distretto restituisce bene l’idea di cosa potrebbe accadere davvero se nell’area ferroviaria di Chiasso si verificasse un incidente grave e di vaste proporzioni. Militari, militi, agenti e sanitari dei due versanti del confine testano forze e collaborazione. Li abbiamo seguiti sul loro… terreno.
Scene da una catastrofe… simulata. Da qualche ora il Mendrisiotto è tutto un brulicare di divise. Si mette in campo una delle più vaste esercitazioni mai viste. Perché è la prima volta che enti di pronto intervento ed eserciti svizzeri e italiani misurano, insieme, le proprie forze. Le tute mimetiche si mischiano a quelle rosse delle Unità di intervento, al blu dei sanitari e al cachi dei militi della Protezione civile (Pci). Anche i giornalisti hanno ricevuto la loro pettorina arancione e, in questa prima giornata particolare (l’esercizio proseguirà sino a martedì), si lasciano guidare attraverso gli scenari che evocano incidenti ferroviari, nubi tossiche, edifici in fiamme e macerie. Epicentro l’area ferroviaria di Chiasso, come in un domino gli effetti si concatenano per testare tutte le forze in campo: alla fine si saranno mobilitate circa 3’000 persone. Schierati i figuranti, dai detriti predisposti alla bisogna, lì all’ex Celoria, si levano delle grida d’aiuto, così da rendere più verosimile l’esercitazione ribattezzata ‘Odescalchi’. La voce di Paolo Cescotta , capo del Servizio protezione popolazione, accompagna le prime fasi della dimostrazione. Anche a beneficio delle autorità cantonali e comunali invitate ad assistere e issate su alcune tribunette. In fondo è un modo pure per esorcizzare quanto si confida non accada mai: lungo le rotaie che attraversano la città, una delle due zone rosse del Ticino, transitano pur sempre merci pericolose a tonnellate. Meglio lasciarsi sorprendere dalle abilità delle Uit dei Pompieri (del Mendrisiotto e di Lugano) e dall’impegno dei cani di Redog, pronti a localizzare e trarre in salvo i possibili feriti. Prima si effettua un’analisi dei rischi, poi si passa all’azione, ci spiega il capitano Federico Sala dei Pompieri di Lugano. Un elicottero Superpuma dell’esercito sorvola il cielo chiassese, mentre un drone sorveglia la zona incidentata. Mezzi tradizionali e no sono d’aiuto nel disegnare il quadro dell’emergenza per chi sta al posto di comando avanzato, poco distante, affidato alla Polizia cantonale, o a Rivera allo Stato maggiore di condotta.
Le 3 ‘T’ e il ‘Care team’
Se pompieri, militi delle Ffs, unità speciali e Guardie di confine sono in prima linea, uomini della Pci e sanitari si trovano nelle retrovie. Ma non sono meno importanti. Il Mercato Coperto a Mendrisio è stato trasformato nel punto di approdo di sfollati e feriti, convogliati lì dalle zone evacuate. Alla piattaforma sanitaria si muovono tra i 20 e i 25 soccorritori (in Ticino di operativi ce ne sono circa 500, poco meno della metà professionisti). È qui che scattano le 3 ‘T’, ci dice Franco Ghiggia , coordinatore cantonale del Dim, il Dispositivo sanitario incidenti maggiori. Ovvero triage, trattamento e trasporto delle persone secondo il loro stato e la loro gravità. Da una parte chi è rimasto illeso, dall’altra chi urge di cure. «Da questo esercizio trarremo gli insegnamenti per migliorare in questo ambito», commenta Ghiggia. In una ipotetica realtà ci sarebbero risorse sufficienti? «Le garanzie per fronteggiare un incidente maggiore ci sono», ci rassicura. Dentro il Centro manifestazioni la Pci si occupa di registrare quanti, nella finzione, si sono ritrovati senza un tetto sulla testa. Dà loro una prima assistenza e un piatto caldo: la cucina è già in funzione. «In un caso simile le persone interessate sarebbero migliaia. E la casistica ci illustra che a necessitare di un alloggio, la prima notte, è il 30%», fa presente Claudio Canova , comandante della Protezione civile del Mendrisiotto. Ecco perché si è pronti a predisporre un supporto sociopsicologico iniziale. È il ‘Care team’ a occuparsene, una cinquantina di volontari istruiti ad hoc (una ventina dei quali momò), attivi ormai da un anno. Un lasso di tempo che li ha visti intervenire in una cinquantina di casi nella vita reale. Dalla notte a dare il cambio toccherà alle truppe: un ruolo sussidiario, quello dell’esercito, in caso di catastrofe.
Scene da una catastrofe… simulata. Da qualche ora il Mendrisiotto è tutto un brulicare di divise. Si mette in campo una delle più vaste esercitazioni mai viste. Perché è la prima volta che enti di pronto intervento ed eserciti svizzeri e italiani misurano, insieme, le proprie forze. Le tute mimetiche si mischiano a quelle rosse delle Unità di intervento, al blu dei sanitari e al cachi dei militi della Protezione civile (Pci). Anche i giornalisti hanno ricevuto la loro pettorina arancione e, in questa prima giornata particolare (l’esercizio proseguirà sino a martedì), si lasciano guidare attraverso gli scenari che evocano incidenti ferroviari, nubi tossiche, edifici in fiamme e macerie. Epicentro l’area ferroviaria di Chiasso, come in un domino gli effetti si concatenano per testare tutte le forze in campo: alla fine si saranno mobilitate circa 3’000 persone. Schierati i figuranti, dai detriti predisposti alla bisogna, lì all’ex Celoria, si levano delle grida d’aiuto, così da rendere più verosimile l’esercitazione ribattezzata ‘Odescalchi’. La voce di Paolo Cescotta , capo del Servizio protezione popolazione, accompagna le prime fasi della dimostrazione. Anche a beneficio delle autorità cantonali e comunali invitate ad assistere e issate su alcune tribunette. In fondo è un modo pure per esorcizzare quanto si confida non accada mai: lungo le rotaie che attraversano la città, una delle due zone rosse del Ticino, transitano pur sempre merci pericolose a tonnellate. Meglio lasciarsi sorprendere dalle abilità delle Uit dei Pompieri (del Mendrisiotto e di Lugano) e dall’impegno dei cani di Redog, pronti a localizzare e trarre in salvo i possibili feriti. Prima si effettua un’analisi dei rischi, poi si passa all’azione, ci spiega il capitano Federico Sala dei Pompieri di Lugano. Un elicottero Superpuma dell’esercito sorvola il cielo chiassese, mentre un drone sorveglia la zona incidentata. Mezzi tradizionali e no sono d’aiuto nel disegnare il quadro dell’emergenza per chi sta al posto di comando avanzato, poco distante, affidato alla Polizia cantonale, o a Rivera allo Stato maggiore di condotta.
Le 3 ‘T’ e il ‘Care team’
Se pompieri, militi delle Ffs, unità speciali e Guardie di confine sono in prima linea, uomini della Pci e sanitari si trovano nelle retrovie. Ma non sono meno importanti. Il Mercato Coperto a Mendrisio è stato trasformato nel punto di approdo di sfollati e feriti, convogliati lì dalle zone evacuate. Alla piattaforma sanitaria si muovono tra i 20 e i 25 soccorritori (in Ticino di operativi ce ne sono circa 500, poco meno della metà professionisti). È qui che scattano le 3 ‘T’, ci dice Franco Ghiggia , coordinatore cantonale del Dim, il Dispositivo sanitario incidenti maggiori. Ovvero triage, trattamento e trasporto delle persone secondo il loro stato e la loro gravità. Da una parte chi è rimasto illeso, dall’altra chi urge di cure. «Da questo esercizio trarremo gli insegnamenti per migliorare in questo ambito», commenta Ghiggia. In una ipotetica realtà ci sarebbero risorse sufficienti? «Le garanzie per fronteggiare un incidente maggiore ci sono», ci rassicura. Dentro il Centro manifestazioni la Pci si occupa di registrare quanti, nella finzione, si sono ritrovati senza un tetto sulla testa. Dà loro una prima assistenza e un piatto caldo: la cucina è già in funzione. «In un caso simile le persone interessate sarebbero migliaia. E la casistica ci illustra che a necessitare di un alloggio, la prima notte, è il 30%», fa presente Claudio Canova, comandante della Protezione civile del Mendrisiotto. Ecco perché si è pronti a predisporre un supporto sociopsicologico iniziale. È il ‘Care team’ a occuparsene, una cinquantina di volontari istruiti ad hoc (una ventina dei quali momò), attivi ormai da un anno. Un lasso di tempo che li ha visti intervenire in una cinquantina di casi nella vita reale. Dalla notte a dare il cambio toccherà alle truppe: un ruolo sussidiario, quello dell’esercito, in caso di catastrofe.
Un accordo di mutuo soccorso
Si capisce bene come la collaborazione, anche transfrontaliera, qui, sia fondamentale. ‘Odescalchi’ ha avuto un ‘effetto collaterale’ benefico: un’intesa operativa tra Cantone e Prefettura di Como. A sottoscriverla ieri a Chiasso il capo del Di Norman Gobbi e il prefetto Bruno Corda.