Dal Corriere del Ticino del 12 maggio 2016, Editoriale di Fabio Pontiggia
Libertà e sicurezza, libertà o sicurezza. L’eterno conflitto tra due capisaldi della nostra società si ripropone nell’Europa che, dopo averle aperte, socchiude qua e là le frontiere tra i suoi Paesi. In Europa ci siamo anche noi, sebbene fuori dall’Unione europea. Troppo spesso le due realtà vengono confuse, ciò che conferisce al termine e al concetto di Europa una connotazione negativa, sprezzante, che l’Europa invece non merita proprio. La questione del casellario giudiziale in Ticino è un granello di sabbia intrufolatosi negli ingranaggi della libera circolazione delle persone tra il nostro e i Paesi dell’UE. Vi si è intrufolato per ragioni di sicurezza (e un po’ anche quale ritorsione politico-economica contro Roma).
Obbligare i cittadini italiani, che chiedono di entrare in Ticino come frontalieri o dimoranti, a presentare sistematicamente l’estratto del casellario giudiziale è un provvedimento incompatibile con quanto prevede l’Accordo sulla libera circolazione delle persone. È dunque illegale. I dati, raccolti dal Dipartimento delle istituzioni diretto da Norman Gobbi, anticipati dal nostro giornale e ieri ufficialmente confermati e pubblicati dal Governo cantonale, ci dicono tuttavia che, in relazione all’obiettivo della sicurezza, quel filtro, per quanto illegale, è efficace. Ha infatti permesso di impedire l’entrata nel nostro cantone di pericolosi delinquenti, che senza quell’obbligo sarebbero oggi quotidianamente tra noi. Una libertà importante come quella di spostarsi da un Paese all’altro, senza venire preventivamente sospettati di essere dei delinquenti, viene così parzialmente limitata, oltre quanto prevedono le regole in vigore, in nome di una maggiore sicurezza per tutti. Il sacrificio in termini di libertà è minimo (chi ha la coscienza, oltre che la fedina penale, a posto non subisce di fatto limitazioni, ma solo un antipatico aggravio burocratico); il beneficio in termini di maggiore sicurezza è superiore (sia che la si intenda come sicurezza percepita, sia che la si misuri come sicurezza effettiva: 33 delinquenti in meno nel nostro territorio sono un dato di fatto).
Soppesando sacrificio e beneficio, il Consiglio di Stato ha dunque deciso ieri di mantenere quel filtro illegale ma efficace. È stata una decisione presa all’unanimità dai due ministri leghisti e da quelli liberale, popolare democratico e socialista. Con una condizione importante: che entro un anno il Dipartimento artefice del provvedimento elabori una soluzione possibilmente altrettanto efficace ma non più illegale, bensì compatibile con i vincoli dati dall’Accordo bilaterale sulla libera circolazione delle persone. Questa sarà un’impresa ardua, perché i paletti fissati dall’accordo sono molto stretti in tale ambito: non c’è infatti spazio per un’assunzione sistematica di informazioni di natura giudiziaria su chi entra in Svizzera: la verifica va fatta caso per caso, secondo il principio di proporzionalità, e i provvedimenti limitativi possono essere adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale del cittadino che arriva da noi. Questo almeno è quanto stabiliscono i Bilaterali. Che in Ticino sono stati sempre popolarmente bocciati, ma che sono vincolanti anche nel nostro cantone in quanto approvati più volte dal popolo in Svizzera.
La palla torna così nel campo dell’autorità federale. E in quello dell’Italia. Ci saranno mugugni, disapprovazioni, denunce politiche e forse ultimatum. Dovremo conviverci per un annetto.