Protesta da parte di un centinaio di detenuti alla Stampa – Lamentano misure eccessivamente restrittive Norman Gobbi ha incontrato una delegazione: «Ho preso atto, ma molte richieste sono pretestuose».
Anche Norman Gobbi, in veste di direttore del Dipartimento delle istituzioni, ha conosciuto la prima protesta dei carcerati detenuti alla Stampa che ieri poco prima di mezzogiorno si sono rifiutati di rientrare nelle proprie celle. Ma la situazione, potenzialmente pericolosa, si è risolta poche ore dopo «in maniera civile senza alcun problema di sicurezza», si legge in una nota del Dipartimento, fatta eccezione per un singolo episodio che ha interessato un detenuto nella sua cella. A titolo preventivo davanti al carcere, oltre ad alcune pattuglie della polizia, ha stazionato per qualche ora anche un’ambulanza e il servizio di picchetto dei pompieri di Lugano.
I detenuti, in un primo tempo, volevano incontrare tutti e quanti Gobbi per fare presente le loro rimostranze, una proposta rifiutata dalla direzione che li ha convinti a mettere nero su bianco le lamentele «che nascono in parte anche dalle svariate misure restrittive applicate negli anni per motivi logistici, di concordato e di sicurezza interna».
Tra le richieste c’è anche quella di poter nuovamente acquistare degli integratori alimentari al chiosco della Stampa. Una richiesta che fa tornare alla memoria la polemica di qualche mese fa dopo la pubblicazione del menu servito alla Stampa sulle colonne del Mattino, che aveva portato alla reazione dello stesso Gobbi: «Se penso che ci sono tanti ticinesi, fuori dalle carceri, che devono ricorrere al “Tavolino magico” o ad altre iniziative sociali per mangiare, comprendo l’indignazione del cittadino davanti a menu carcerari che comprendono carne almeno una volta al giorno. Questa indignazione è anche la mia. Comunque vedo con piacere che è emersa una voce di risparmio» aveva dichiarato il direttore delle Istituzioni.
Ma come mai è intervenuto direttamente Gobbi e non il direttore ad interim Marco Zambetti? «Era assente per motivi privati, ma ha seguito tramite noi l’evolversi della situazione». Zambetti ha preso il posto di Fabrizio Comandini (esautorato a fine febbraio), mentre proprio martedì il Governo ha nominato il nuovo direttore, Stefano Laffranchini, che entrerà in carica il 1. novembre.
La tempistica della protesta pacifica non è casuale. Chi conosce i meccanismi del carcere e delle dinamiche che nascono all’interno, vede i detenuti determinati ad allargare un po’ i gomiti per prendere spazio in vista dell’arrivo del nuovo responsabile. Un momento propizio, vista anche l’assenza di Zambetti.
Ma Gobbi afferma di non aver mai temuto che la situazione sfuggisse di mano: «Il mio invito a rientrare nelle celle è stato seguito. Non ci sono stati particolari problemi per l’incolumità di nessuno». Il consigliere di Stato afferma poi che «molte rimostranze non sono strettamente di competenza del Dipartimento, ma non tutte potranno essere considerate. Anzi, diverse sono palesemente pretestuose, ma le valuterà la direzione del carcere. Ho spiegato che la mia presenza era straordinaria per effetto delle concomitanti assenze». Parte delle lamentele, come detto, prendono le mosse da svariate misure restrittive applicate negli anni per motivi logistici. La struttura è vetusta e in passato da alcuni controlli è emerso anche materiale illegale all’interno delle celle, compresi telefonini e carte per la trasmissioni di dati.
Da qui all’entrata in servizio del nuovo direttore c’è da temere un’escalation di queste manifestazioni in carcere? «Non temo nulla del genere, la direzione è perfettamente in grado di gestire queste situazioni che non devono allarmare nessuno».
La giornata movimentata è terminata alle 16 e i detenuti riceveranno una risposta. Ma questa giungerà in forma scritta, senza alcuna riunione.
GIANNI RIGHINETTI, Corriere del Ticino, 11.07.2014