Sempre nella seduta odierna, il Consiglio di Stato ha pure sottoscritto una lettera alla Conferenza dei Governi cantonali nella quale manifesta la propria posizione in relazione all’utilizzo della cosiddetta “clausola di salvaguardia”, diritto conferito alla Confederazione nell’ambito degli Accordi bilaterali con l’UE e in particolar modo dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone.
Con l’utilizzo di questa clausola da parte del Consiglio federale, come auspicato dal Cantone Ticino, verrebbe automaticamente reintrodotto un contingentamento per rapporto ai permessi di dimora, pur non potendosi contestualmente risolvere anche il delicato tema dei lavoratori frontalieri.
In questa prima fase, l’Esecutivo richiede quindi l’introduzione della “clausola di salvaguardia” per gli Stati dell’UE-8, senza escludere di pretendere una progressiva estensione – appurata l’esistenza del diritto in tal senso – anche agli stati dell’UE-25. Il Consiglio di Stato ritiene infatti che si tratti di un giusto segnale politico all’attenzione del Consiglio federale e dell’Unione Europea, in quanto localmente la situazione denota distorsioni lesive del corretto funzionamento del mercato del lavoro interno.
È convinzione del Governo che la clausola di salvaguardia e il suo utilizzo fossero stati appropriatamente sviluppati proprio a garanzia e tutela dei diritti dei cittadini e dei lavoratori indigeni. Il Consiglio di Stato ritiene quindi che, alle attuali condizioni, spetti al Governo federale l’adozione della specifica misura. Ritenuto in maniera particolare l’esito della votazione che ha visto i cittadini ticinesi respingere l’adozione degli accordi bilaterali, la posizione ticinese – pur con i limiti tecnici della clausola in questione – è finalizzata all’immediata protezione dell’economia cantonale dal crescente trasferimento di lavoro a cittadini dell’UE e dell’Italia in particolare.