Secondo il responsabile del dipartimento Istituzioni il fenomeno della violenza contro gli agenti di polizia non è esteso ed è controllabile. La ricetta di Norman Gobbi, campagne di sensibilizzazione, formazione e dialogo.
“Inasprire le sanzioni vorrebbe dire che siamo arrivati a un punto di non ritorno e si lancerebbe un segnale molto negativo”
Non servono leggi più dure, semmai bisogna valorizzare la divisa, insistere sul dialogo e proseguire sulla strada della formazione. Per il consigliere di Stato Norman Gobbi, responsabile del dipartimento Istituzioni, non c’è un’autentica emergenza sul fronte delle violenze contro la polizia: “Certo, la preoccupazione c’è. Ma se proponessi di inasprire le pene o di irrigidire in qualche modo le attuali norme contro chi aggredisce un poliziotto, vorrebbe dire che siamo arrivati davvero a un punto di non ritorno e io questo non lo penso. Per fortuna questi casi di violenza vengono sanzionati in maniera ferma. E poi proporre leggi più dure significherebbe anche lanciare un segnale, un grave segnale, per la società in generale; vorrebbe dire che è caduto il rispetto verso le forze dell’ordine. ¨
Detto questo – continua Gobbi – aggiungo che il problema esiste, non va negato e va affrontato con determinazione. E lo stiamo facendo. Nell’ultima conferenza del comandante Matteo Cocchi questo concetto è stato spiegato chiaramente”. Sul come combattere questo fenomeno, Gobbi ha le idee chiare: “Intanto ci sono state le assunzioni. Poi occorre valorizzare quella che è l’immagine della professione di poliziotto. In questo senso penso che la campagna ‘Stop alla violenza’, lanciata della Federazione nazionale dei funzionari di polizia, vada nella giusta direzione. Anche per questo ci piacerebbe riprenderla a livello cantonale. Voglio dire che bisogna puntare sulla sensibilità, spiegare che gli agenti sono lì, in strada o dove ci sono situazioni d’allarme, per far rispettare le leggi e garantire la sicurezza di tutti”. Un concetto da ribadire, dunque.
“La funzione del poliziotto è un po’ come quella del docente, alla quale va dato il giusto valore nota il ministro -. Perché poi è facile prendersela con queste figure professionali, farne il capro espiatorio, come accade spesso nelle scuole, come fanno certi genitori che non vogliono assumersi le proprie responsabilità e le scaricano sui docenti. E questo è profondamente sbagliato”. In seconda battuta, secondo il responsabile del dipartimento Istituzioni, “bisogna insistere sulla formazione, promuovere il dialogo tra le forze dell’ordine e la società”. Già si stanno sviluppando diverse iniziative, come i corsi di lingua e di cultura per avere un approccio più efficace e per offrire strumenti moderni agli agenti, che oggi devono fare i conti con una società sempre più multiculturale.
Anche perché spesso, quando ci si trova in situazioni difficili con stranieri per protagonisti, bisogna sapere come affrontarle e gestirle anche sul piano della comunicazione. È indubbio che quando accadono certi fatti occorrono riflessione e risposte pronte. “Anche se poi io non lo vedo come un fenomeno così diffuso” – aggiunge ancora Gobbi -. Certo, ci sono stati episodi gravi. Penso, ad esempio, alla rissa, diversi anni fa, in piazza Grande a Locarno. O agli assalti degli hooligans che, dopo essersi affrontati tra di loro, si sono coalizzati rivoltandosi contro la polizia che è diventata il nemico numero uno. Ci sono punti deboli, è vero, ma stiamo mettendo in campo i necessari correttivi”.