Il Gran Consiglio approva l’introduzione delle videocamere su automobili e divise degli agenti.
« La polizia per svolgere il suo compito non ha bisogno solo di uomini, ma anche di mezzi ». Un auspicio formulato ieri in aula del Gran Consiglio da Giorgio Galusero (Plr) e diventato realtà con il passare delle ore. Grazie prima di tutto al via libera da parte del parlamento alla videosorveglianza negli interventi di polizia, tramite apparecchi fissi o mobili da piazzare sulle automobili oppure direttamente nell’uniforme. Una misura voluta sia per individuare gli autori di atti di violenza (come ad esempio nel corso di eventi sportivi) che per proteggere gli agenti, sempre più bersaglio di insulti e rivolte. In seconda battuta il Legislativo ha pure deciso di aderire al concordato Viclas, una banca dati intercantonale in cui sono raccolte le informazioni riguardanti omicidi, stupri, rapimenti, aggressioni sessuali e violenze su minori. Utilizzato già da altri ventidue cantoni, il sistema – attraverso l’incrocio di informazioni e la condivisione di dettagli sul modus operandi dei criminali – dovrebbe permettere il tracciamento e l’identificazione degli autori di reati violenti così come dei serial killer.
La Polizia cantonale potrà dotarsi della videosorveglianza. Il parlamento ha infatti dato luce verde – con 52 voti favorevoli, 9 astenuti e un contrario – all’introduzione di videocamere da piazzare sulle automobili della polizia o direttamente sulla divisa dell’agente.
Un’approvazione, quella di ieri in Gran Consiglio, in fin dei conti cospicua nei numeri, ma pure cosparsa di prudenza a giudicare dagli interventi dei deputati nel corso del dibattito. Il tema infatti è sensibile, poiché la nuova legge va a toccare quella sfera privata tanto cara (e ci mancherebbe) a tutti i cittadini. Rassicurazioni quindi riguardo all’impossibilità di abusare della videosorveglianza chieste, e ricevute, sia durante l’esame commissionale – come riferito dal relatore Michele Guerra (Lega) grazie alle audizioni del capo area Stato maggiore Luca Bieri e del comandante della Polizia comunale di Lugano Roberto Torrente che sta già sperimentando un sistema simile – e ricevute in aula dal consigliere di Stato Norman Gobbi . « Per quanto concerne gli aspetti critici i paletti posti dalla legge consentono fiducia – ha assicurato il direttore del Dipartimento delle istituzioni –. Da una parte, la possibilità di filmare a margine di eventi non sportivi, come ad esempio manifestazioni politiche, è vincolata all’esistenza di segnali di potenziale violenza. Dall’altra, anche nel caso di liti domestiche, l’accensione del video dipende dal rischio oggettivo della situazione ».
Per intenderci quindi, se il vicino di casa chiede l’intervento degli agenti perché nell’appartamento accanto sente qualcuno alzare troppo la voce, gli stessi agenti non si presenteranno verosimilmente alla porta con le telecamere accese. « Va ricordata infatti la proporzionalità della misura – ha ribadito ancora Gobbi –. Ce ne si dovrà servire solo quando gli altri mezzi propri alla polizia risultano inadeguati o insufficienti ». Qualche esempio? Pensiamo ai recenti episodi di violenza gratuita all’esterno delle piste da hockey. L’intento della videosorveglianza è proprio quello di garantire da un lato l’identificazione degli autori di reati, dall’altra di proteggere gli stessi agenti, sempre più vittime di violenze e insulti. Proprio su questo secondo punto hanno insistito in diversi deputati. Amanda Rückert , intervenuta per il gruppo della Lega, ha suggerito come « la videosorveglianza è uno strumento per la giustizia che aiuterà a combattere la criminalità ». Greta Gysin per i Verdi ha sottolineato come questo servirà « soprattutto a proteggere gli agenti ». Gysin che in Commissione della legislazione si era peraltro fatta promotrice della proposta, ieri approvata dal plenum, di introdurre un periodo di prova al termine del quale il Dipartimento dovrà esprimersi sull’efficacia del sistema e su eventuali lacune. Periodo di prova salutato positivamente tra gli altri anche da Mario Branda (Ps), il quale ha espresso tutto il suo scetticismo riguardo all’utilità della videosorveglianza in caso di violenza domestica. « Occorre una grande professionalità degli agenti nell’utilizzo di questo sistema: non è quindi corretto sottacere i costi, anche in termini di formazione ».
Professionalità non solo nella scelta di accendere o no il tasto ‘on’, ma anche sull’accesso ai dati, come evidenziato da Eros Mellini per l’Udc. « La legge come presentata ci rassicura su eventuali abusi di dati », perché fissa regole precise su chi e sul come può avere accesso ai filmati (vedi il box a lato).
Giorgio Galusero per il Plr e Maurizio Agustoni per il Ppd hanno dal canto loro auspicato che il sistema sia esteso alle polizie comunali. « Il periodo di prova sarà utile anche a questo scopo – ha risposto prontamente Gobbi –. Si potrà valutare meglio come inserire il sistema nelle polizie comunali, evitando costi inutili ed eventuali problemi che la fase iniziale potrebbe comportare ». Va detto infatti che, a livello nazionale, il Ticino è pioniere in questa iniziativa.