La banca dati intercantonale sui crimini violenti sarà a disposizione anche della polizia ticinese. Concordato sul sistema anti serial killer denominato “Violent Crime Linkage System (ViCLAS)” avallato dal plenum.
« Se c’è una cosa che rende difficile il lavoro degli inquirenti è il regionalismo. Soprattutto se gli organi di polizia cantonali non si scambiano informazioni tra di loro ». Era passata poco meno di un’ora dall’inizio del dibattito e il Gran Consiglio si stava ormai preparando a votare quando l’ex magistrato ticinese e attuale deputato Ps Mario Branda ha detto la sua. In discussione vi era l’adesione del Ticino al concordato Viclas, sigla con la quale viene designata la banca dati in cui 22 cantoni (fuori Vaud, Giura e, per ora, Sciaffusa) immettono regolarmente informazioni riguardo a omicidi, stupri, violenze contro minori, scomparse e rapimenti. Scopo dichiarato del sistema è quello di riuscire a identificare, tramite l’incrocio dei dettagli di ogni singolo caso, gli autori di reati violenti, soprattutto se commessi in serie e in più cantoni. La banca dati, lo diciamo subito, dopo il sì espresso a larga maggioranza ieri dal parlamento potrà essere messa a disposizione anche degli inquirenti ticinesi.
La decisione ha richiesto tuttavia più di un’ora visto che sul tavolo dei granconsiglieri figuravano due rapporti e due opinioni diverse. Da un lato la maggioranza della Commissione della legislazione, rappresentata dal relatore e già commissario della Polizia cantonale Giorgio Galusero (Plr), che riteneva il sistema un prezioso strumento per riuscire ad assicurare alla giustizia i criminali; dall’altra la minoranza commissionale schierata dietro il rapporto dell’ex direttore del Dipartimento delle istituzioni Alex Pedrazzini (Ppd). Minoranza persuasa che il sistema, nella migliore delle ipotesi, finirà per essere inutile. « Nella peggiore invece andrà ad alimentare errori giudiziari » ha incalzato Pedrazzini dal podio, citando poi una perizia in cui il direttore della scuola delle scienze criminali dell’Università di Losanna Pierre Margot, eseguita per conto del Canton Vaud, stronca Viclas, che sarebbe « un mostro amministrativo senza obiettivi né metodi di gestione delle informazioni chiare ».
È solo un’opinione, hanno replicato i favorevoli al progetto. Opinione, hanno aggiunto, peraltro contrastata da un rapporto stilato dal comandante della Polizia di Berna, organo che utilizza Viclas dal 2003. « In sette anni Berna ha speso sette milioni su questo progetto – ha replicato Pedrazzini –. Difficile che chi ha voluto il sistema smentisca la sua efficacia ».
Da allora però è stato adottato da ventidue altre polizie cantonali, ha replicato Galusero, « e non credo che i comandanti che lo sostengono siano degli incompetenti ». La banca dati è uno degli strumenti che è necessario « dare alla polizia per permetterle di operare », ha aggiunto il deputato Plr, che negli anni Ottanta da commissario si era occupato anche del caso di Michel Peiry, noto come il ‘sadico di Romont’, serial killer che sull’arco di sei anni ha ucciso almeno cinque persone in vari cantoni. « Al termine dell’inchiesta, trovandoci con i colleghi degli altri cantoni, ci siamo chiesti come Peiry abbia potuto operare indisturbato per così tanto tempo. Con un sistema come Viclas lo avremmo probabilmente preso prima ».
Alternative alla banca dati, ha aggiunto il consigliere di Stato Norman Gobbi « non ce ne sono. Non possiamo quindi dire ‘no’ e basta ». Meglio, secondo il direttore del Dipartimento delle istituzioni, « aderire al concordato per partecipare al miglioramento del sistema » facendo tesoro dell’esperienza maturata con il suo utilizzo. I costi – 160 mila franchi annui – « sono pochi se ciò permette di salvare delle vite ».
Sostegno convinto al sistema anche dal Plr, come ha sottolineato Paolo Pagnamenta (« Viclas risponde alle necessità di un mondo dove la libera circolazione delle persone ha reso le indagini più difficili »). Sì « convinto » anche dall’Udc Orlando Del Don . Qualche dubbio invece in casa Lega. Libertà di voto per i leghisti dal momento che, come ha rilevato Angelo Paparelli , « non è chiaro se il santo valga la candela ». No da parte dei Verdi. A gettare ombre sul sistema, ha chiosato l’ecologista Greta Gysin , è il rapporto Margot, secondo cui fra l’altro « il sistema manca di trasparenza. Posso capire la necessità che alcuni dettagli debbano rimanere confidenziali. Questo però non giustifica la quasi totale mancanza d’informazioni riguardo ai contenuti o il metodo del sistema ».