Chi fa cosa e nuove misure: il Consiglio di Stato vara il Piano cantonale per meglio contrastare in Ticino il ‘preoccupante’ fenomeno. E per ribadire che serve l’impegno ‘di tutti’.
Una «fotografia» aggiornata «degli enti e dei servizi» che sul territorio ticinese si occupano a vario titolo del fenomeno: una fotografia che «permetterà» di consolidare le misure rivelatesi efficaci e di svilupparne altre, allo scopo di rendere «strutturali e coordinate» prevenzione e repressione della violenza domestica. È, nelle parole del direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi, il ‘Piano d’azione cantonale sulla violenza domestica’, che recepisce principi e raccomandazioni del trattato del Consiglio d’Europa ‘sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica’, meglio nota come Convenzione di Istanbul, entrata in vigore per la Svizzera nell’aprile 2018. Approvato e presentato ieri dal Consiglio di Stato, alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il Piano – 120 pagine scaricabili all’indirizzo www.ti.ch/ violenza – è stato elaborato dalla Divisione giustizia del Dipartimento istituzioni in collaborazione con la Divisione dell’azione sociale e delle famiglie del Dss, Dipartimento sanità e socialità, e con il Gruppo permanente di accompagnamento in materia di violenza domestica designato dal governo. Ma alla confezione del corposo documento hanno partecipato anche organizzazioni private.
‘Non è un fatto privato’
I numeri sulle dimensioni in Ticino della «piaga», per citare le parole del titolare del Dss Raffaele De Rosa, parlano da soli. L’anno scorso gli interventi della polizia per violenza domestica sono stati 1’105: «Tre interventi al giorno», evidenzia il presidente del Consiglio di Stato Manuele Bertoli. Sempre nel 2020 le forze dell’ordine hanno disposto, in ottantadue casi, l’allontanamento delle persone autrici di violenza. E ancora: ventisette donne vittime e ventidue bambini sono stati ospitati dalla Casa delle donne e da Casa Armònia. Sono alcune cifre di un fenomeno «preoccupante» che, aggiunge il direttore del Dipartimento educazione cultura e sport, va affrontato «con un intervento ad ampio raggio». Un fenomeno dalle dimensioni preoccupanti in Ticino e, limitandoci al nostro Paese, nel resto della Svizzera. A livello nazionale lo scorso anno i reati commessi in ambito domestico, ricorda il Consiglio di Stato, sono stati 20’123: nel “72 per cento” dei casi la vittima era una donna, nel 28 per cento un uomo. «In un anno oltre ventimila casi di violenza domestica in Svizzera, ma si ritiene che questa cifra rappresenti soltanto il 20/30 per cento della dimensione effettiva di questo triste fenomeno», sottolinea De Rosa. Avverte il responsabile del Dipartimento sanità e socialità: la violenza domestica – che, oltre che fisica, può essere verbale, psicologica o economica (la o il partner cui l’altro/a non passa i necessari mezzi finanziari) – «non è un fatto privato, è una ferita all’interno della società». Occorre quindi «un’assunzione di responsabilità da parte di tutti». Per arginare il fenomeno, rilancia Gobbi, non basta l’intervento delle istituzioni, serve pure l’impegno della «società civile». Un aspetto, questo, su cui si sofferma anche il Piano appena varato.
Le quattro P
Un Piano con il quale, si spiega nello stesso documento, il Consiglio di Stato “intende proporre obiettivi e misure di azione e di contrasto alla violenza domestica a breve e medio termine, valorizzando e strutturando in un quadro coerente le politiche intraprese, anche a livello cantonale, nel corso degli anni per lottare contro la violenza di genere e integrandovi gli elementi di novità sollecitati dall’evoluzione globale della società”. E ancora: “L’obiettivo principale che si prefigge il Consiglio di Stato nella lotta alla violenza domestica è quello di rendere strutturale il sistema di prevenzione e di contrasto al fenomeno, migliorando così la risposta alla violenza e favorendo di conseguenza il suo decrescere”. Il conseguimento di tale obiettivo “sarà possibile agendo” fondamentalmente “sui quattro assi d’intervento già identificati dalla Convenzione di Istanbul, cioè Prevenzione, Protezione, Perseguimento e Politiche coordinate, e declinati nel contesto cantonale: l’informazione e la sensibilizzazione, la formazione dei professionisti, la gestione delle minacce – con un lavoro parallelo a tutela delle vittime e di gestione degli autori – e la cura particolare e globale della posizione dei minori nelle dinamiche di violenza domestica”. Il Piano, prosegue il documento, “evidenzia le possibili intersezioni e sinergie con strategie contigue e parallele, ad esempio con altri Piani cantonali in essere o in corso di elaborazione (Piano d’azione cantonale per l’uguaglianza tra uomo e donna, Programma cantonale di promozione dei diritti dei bambini, di prevenzione della violenza e di protezione di infanzia e gioventù, Programma integrazione stranieri ecc.)”.
Il Piano d’azione cantonale non nasce nel deserto. In questi anni il Cantone ha già attivato misure negli ambiti menzionati: prevenzione, protezione, perseguimento e politiche coordinate. Come la formazione di base e continua degli agenti della Cantonale e delle polizie comunali, nonché degli operatori sociali. Come la consulenza ai genitori, ad associazioni ed enti. Come la promozione di campagne di sensibilizzazione, utili per richiamare anche numeri di telefono importanti: per esempio il gratuito 0800 866 866 del Servizio per l’aiuto alle vittime di reati (Dipartimento sanità e socialità). Altre misure. Come la presa a carico degli autori e delle autrici di violenza da parte dell’Ufficio dell’assistenza riabilitativa (Dipartimento istituzioni): nel 2020, indica il governo, sono state 118 le persone segnalate dalla Polizia cantonale delle quali si è occupato l’Ufficio. Una decina sinora, fa sapere la direttrice della Divisione giustizia Frida Andreotti, i casi per i quali il magistrato (procuratore pubblico) ha ordinato il trattamento terapeutico, sospendendo per tot mesi il procedimento penale. Casi anche questi seguiti dall’Ufficio dell’assistenza riabilitativa. Altre misure. Come la nomina da parte del Consiglio di Stato, nel novembre 2019, della coordinatrice istituzionale del dossier sulla violenza domestica: carica ricoperta da Chiara Orelli Vassere, operativa in seno alla Divisione giustizia. Il Piano cantonale dunque non nasce nel deserto, tuttavia bisogna fare di più, sostengono i tre consiglieri di Stato.
Braccialetto elettronico: messaggio varato
Nei giorni scorsi intanto il governo ha varato, all’attenzione del Gran Consiglio, il messaggio per conferire la base legale cantonale all’introduzione, dal prossimo 1° gennaio, della nuova disposizione del Codice civile sulla sorveglianza elettronica per tutelare maggiormente le vittime di violenza domestica e di stalking. Si tratta in pratica dell’applicazione – disposta da un giudice civile, che in Ticino sarà il pretore, su istanza della potenziale vittima – di un braccialetto elettronico/cavigliera elettronica alla persona potenzialmente violenta per verificare, ma a posteriori, se ha rispettato, come spiegato a suo tempo da Berna, il divieto di contatto o di accesso a una determinata area intimatole dal magistrato. È la sorveglianza cosiddetta passiva o differita. Sia a livello federale che a livello cantonale si pensa però già alla sorveglianza in tempo reale, possibile una volta affinata la tecnologia.
Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 25 novembre 2021 de La Regione
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Quattro assi contro la violenza domestica
Il Consiglio di Stato ticinese ha presentato il piano d’azione cantonale che si basa su prevenzione, protezione, perseguimento e politiche coordinate
Il Governo ticinese ha approvato il piano d’azione cantonale per combattere la violenza domestica. Un fenomeno definito “preoccupante” dal presidente dell’Esecutivo, Manuele Bertoli, che durante una conferenza stampa ha ricordato come il tema sia una delle priorità all’interno dell’agenda governativa, e che è stato inserito nel programma di legislatura 2019-2023.
Il piano fa parte dell’attuazione della Convenzione di Istanbul sulla protezione delle donne, che riguarda anche il livello nazionale. In Ticino, l’obiettivo principale che si prefigge il Consiglio di Stato è quello di “rendere strutturale il sistema di prevenzione e di contrasto alla violenza domestica, migliorando così la risposta al fenomeno e favorendo di conseguenza il suo decrescere”.
Un obiettivo che il Governo intende perseguire agendo sui quattro assi d’intervento (prevenzione, protezione, perseguimento e politiche coordinate), attraverso le misure già concretizzate o avviate e le ulteriori misure che verranno identificate. La prevenzione, come ha spiegato il direttore del Dipartimento della sanità e della socialità, Raffaele De Rosa, riguarda sia la formazione di professionisti, sia la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, anche attraverso campagne mirate.
Per quanto riguarda il perseguimento degli autori di violenza, l’obiettivo è mettere in atto una presa a carico che possa abbassare sempre di più la recidiva, come ha osservato il direttore del Dipartimento delle istituzioni, Norman Gobbi, anticipando che il Ticino prevede di rivalutare tutte le basi legali, pensando a una legge onnicomprensiva. Per comprendere meglio il fenomeno e quindi combatterlo, è prevista anche un’implementazione della raccolta dati.
Da www.rsi.ch/news