Comunicato stampa – https://eu-diktat-nein.ch/
La Comunità di interessi del tiro svizzero (CIT) – che rappresenta 14 differenti associazioni con un totale di quasi 200’000 soci– indice il referendum contro il recepimento della Direttiva UE sulle armi. La modifica della legge vigente, decisa dal Consiglio federale e dalla maggioranza del Parlamento, significa per la Svizzera la fine del tiro come sport di massa. Per la CIT questo è inaccettabile.
Il recepimento della Direttiva UE sulle armi non comporta nessun vantaggio in termini di sicurezza e in compenso a medio termine significa per la Svizzera la fine del tiro come sport di massa. Nel 2005 il Consiglio federale aveva promesso che Schengen non avrebbe comportato alcun inasprimento incisivo della legislazione svizzera sulle armi. Con la modifica di legge recentemente decisa questa promessa viene infranta.
Inasprimenti incisivi della legge
Per non rischiare un conflitto con Bruxelles, il Consiglio federale e la maggioranza del Parlamento sono disposti a sacrificare i diritti dei cittadini svizzeri. Werner Salzmann, Consigliere nazionale UDC e presidente dell’Associazione sportiva di tiro del Canton Berna: «Questo diktat che ci impone di disarmarci è ingiusto, liberticida, inutile, pericoloso e antisvizzero – non ci resta altro da fare che ricorrere al referendum. Il popolo ha il diritto di decidere se voglia lasciarsi imporre leggi insensate e inutili, che vengono promulgate solo a motivo della pressione dall’estero». Assolutamente inaccettabile è poi il fatto che la nuova legge prevede obblighi, come quello della registrazione a posteriori, che alle urne sono già stati respinti esplicitamente: un tale disprezzo della volontà popolare è indegno della nostra democrazia.
Anche se lo ripetono in continuazione: l’applicazione prevista per la Direttiva UE non è pragmatica. Piuttosto si intende creare un mostro burocratico. Infatti con la revisione della legge vengono proibiti l’acquisto e il possesso delle armi semiautomatiche normalmente reperibili in commercio. Chi in futuro volesse tenere queste armi – che verrebbero proibite – dovrebbe fornire subito la prova di averne bisogno. E non si tratta solo di indicare il motivo per cui si vuole acquistare o possedere un’arma: il proprietario dovrebbe eseguire periodicamente esercizi di tiro. Questa è una restrizione massiccia rispetto alla legislazione vigente!
Inoltre la revisione della legge lascia il compito di definire aspetti importanti* a un’ordinanza di esecuzione, che dovrebbe essere elaborata dal Consiglio federale e dall’Amministrazione. A questo riguardo né il Parlamento né il popolo potrebbero obiettare nulla.
L’appartenenza a Schengen non è in pericolo
Il Consiglio federale e la maggioranza del Parlamento sostengono che un rifiuto della modifica di legge metterebbe in pericolo l’appartenenza della Svizzera a Schengen. Ma è soltanto la Svizzera a dover decidere se recepire o meno la Direttiva UE sulle armi. La Svizzera può limitarsi semplicemente a constatare che la legislazione vigente soddisfa tutti gli aspetti della Direttiva UE sulle armi e che quindi non occorrono altri adeguamenti.
* Come la differenza fondamentale fra armi leggere e armi corte, come pure le modalità concernenti gli esercizi di tiro obbligatori, la prassi per la confisca e la registrazione a posteriori.
Da www.rsi.ch/news
https://www.rsi.ch/news/svizzera/Armi-no-ai-diktat-dellUE-10951091.html
Da www.tio.ch
La Legge sulle armi è “antisvizzera”, lanciato un referendum
La Comunità di interessi del tiro svizzero (CIT) ha indetto oggi a Berna un referendum contro il recepimento della Direttiva dell’Unione europea (Ue) sulle armi.
La modifica della legge vigente significherebbe la fine del tiro come sport di massa in Svizzera.
Gli oppositori hanno cercato di far valere le loro ragioni nella maniera più chiara possibile dinanzi ai media: la nuova norma approvata dalle Camere federali è ingiusta, liberticida, inutile, pericolosa e “antisvizzera”.
«Il popolo ha il diritto di decidere se voglia lasciarsi imporre leggi che vengono promulgate solo per pressione dall’estero», ha detto il ticinese Luca Filippini, presidente della CIT. «La CIT rappresenta 14 differenti associazioni. Con quasi 200’000 soci siamo in grado di raccogliere le 50’000 firme necessarie. Siamo preparati e gli argomenti sono a nostro favore», ha aggiunto.
Secondo gli oppositori il recepimento della direttiva europea non comporta nessun vantaggio in termini di sicurezza. Nel 2005 – è stato ricordato – il Consiglio federale aveva promesso che Schengen non avrebbe comportato inasprimenti nella legge sulle armi, ma con le modifiche previste la promessa viene infranta.
Preoccupazioni vengono espresse anche in ottica futura. Il consigliere nazionale Jean-François Rime (UDC/FR), di hobby cacciatore, ha ammesso che ad oggi le nuove norme non sembrano influire sull’attività venatoria. «Sappiamo però che le leggi europee possono improvvisamente cambiare e a quel punto saremmo disposti a seguirle. I cacciatori sono formati e devono passare degli esami, conoscono molto bene le loro armi» e non meritano quindi restrizioni eccessive.
«Se Schengen viene usato come mezzo di pressione per far accettare delle leggi, perde completamente il suo significato», ha detto ancora il deputato friburghese.
L’applicazione della norma – sempre secondo gli oppositori – non è poi affatto pragmatica. Piuttosto, rischia di creare un vero e proprio mostro burocratico, fatto che andrebbe a scapito del lavoro di polizia vero e proprio, con agenti obbligati a un maggior lavoro d’ufficio.
Tutto questo apparato burocratico, che risulterebbe anche costoso, sarebbe oltretutto inutile: la direttiva si prefigge di combattere il terrorismo, ma da quando gli attacchi sono cominciati negli ultimi anni, non ne è mai stato commesso uno con un’arma acquistata legalmente.
Il presidente dell’Associazione sportiva di tiro del Canton Berna e consigliere nazionale Werner Salzmann (UDC/BE) ha dal canto suo sottolineato che la nuova legge prevede obblighi che alle urne sono già stati respinti esplicitamente, come la registrazione a posteriori. A suo dire un tale disprezzo della volontà popolare è indegno della democrazia elvetica.
Gli oppositori ci tengono poi a sottolineare che respingendo la direttiva sulle armi l’appartenenza a Schengen non è in pericolo. La Svizzera può infatti limitarsi a constatare che la legislazione vigente soddisfa tutti gli aspetti della direttiva Ue e che quindi non occorrono adeguamenti. Inoltre, è altamente improbabile che l’accordo venga rescisso per un tema che nel contesto di Schengen non è prioritario.