Verso una ristrutturazione ragionata
A inizio agosto il carcere della Stampa di Lugano-Cadro ha tagliato il traguardo dei 50 anni di esistenza. Lungo l’arco di questo periodo non sono certo mancate le riflessioni sul futuro di una struttura che oggi – e tutti ne siamo consapevoli – necessita di un restyling. Da un lato, si intende correggerne i limiti imputabili all’età, dall’altro si cercherà di risolvere, o perlomeno attenuare, l’ormai cronico problema della mancanza di spazi e la conseguente sovraoccupazione (sovraffollamento). Preoccupazioni di varia natura che il Dipartimento delle istituzioni ha fatto sue ormai da diversi anni, proponendo concrete soluzioni e fornendo il necessario appoggio per interventi puntuali di riqualifica e di mantenimento dell’attuale struttura. Ci troviamo confrontati con una situazione oggettivamente particolare e con l’urgenza di mantenere il giusto equilibrio tra sicurezza, espiazione della pena, rispetto della dignità del detenuto e reinserimento sociale: concetti ineludibili che, a loro volta, vanno però inseriti in un contesto economico di non facile lettura e che ci impone profonde riflessioni. Cosa che abbiamo fatto. La prospettata ristrutturazione del penitenziario ha pertanto subito un ridimensionamento dovuto proprio a necessità di bilancio: da un progetto di 142 milioni di franchi siamo passati a uno di poco più di 35. Così come ho già avuto modo di spiegare, è stata una mia scelta, maturata in piena autonomia, coscienza e responsabilità. Abbiamo compiuto minuziose ponderazioni allo scopo di meglio ottimizzare gli investimenti, un esercizio che è stato fatto e andrà ancora fatto in altri settori dello Stato.
Guardiamo al domani
Ma ciò non significa che l’idea di costruire un nuovo penitenziario sia caduta né tantomeno che si intenda sottovalutare l’importanza di questa struttura. Anzi. Il Consiglio di Stato, ed è storia recente, ha conferito al mio Dipartimento e alla Sezione logistica il mandato di intraprendere una valutazione di ubicazioni alternative proprio in vista della realizzazione di un nuovo complesso carcerario. Non è però per domani. Il domani prevede invece interventi puntuali, ragionati e soprattutto atti a mantenere l’alto livello di sicurezza garantito fin qui dal penitenziario della Stampa. Il carcere persegue l’obiettivo della rieducazione e del reinserimento sociale, ma è altrettanto chiaro che per prima cosa è un luogo di espiazione della pena e questo va garantito in un contesto di totale e granitica sicurezza. Fatto sta che sono previsti anche alcuni nuovi spazi e si sta vagliando la possibilità di riaprire il Naravazz di Torricella-Taverne per adibirlo a carcere femminile per detenute che devono scontare pene contenute.
Un po’ di storia
La Stampa ha quindi tagliato un significativo traguardo. In precedenza, il carcere sorgeva in piena Lugano, sul terreno delle Suore Cappuccine. L’inaugurazione risale al 1. luglio 1873 e il primo direttore fu Fulgenzio Chicherio, illuminato avvocato, giurista, sociologo e umanista, che propose una gestione innovativa del carcere imperniata sul rispetto della dignità dell’uomo e sulla sicurezza. A quasi 150 anni di distanza è un punto di vista ancora attuale e io non posso che essere d’accordo con lui. Quando fu chiaro a tutti che il carcere di Lugano aveva ormai fatto il suo tempo, prima di scegliere Cadro si scartarono altre ipotesi: Piano del Vedeggio, Piano di Magadino, Castello di Trevano e Boscone di Biasca. Per ragioni logistiche e pratiche, la spuntò l’attuale ubicazione. Sono appunto trascorsi 50 anni.
Ora è tempo di un compiere un ulteriore sforzo che permetterà al nostro Cantone di continuare a disporre di una struttura all’avanguardia, in grado di opportunamente soddisfare le esigenze di tutti.